Il dottor morte «sapeva che quelle dosi erano letali»

Rovello Porro Pubblicate le motivazioni della condanna dell’ex primario Leonardo Cazzaniga. Secondo i giudici di Milano, nel caso di Domenico Brasca «usò farmaci per causarne il decesso»

Leonardo Cazzaniga «ben sapeva, da medico esperto quale era, che gli effetti dei farmaci che somministrava non avevano altre finalità se non quelle di accelerare la morte».

Proprio per questo motivo anche il decesso di Domenico Brasca (82 anni di Rovello Porro) non può essere considerato come «un’eccezione» ma come il «frutto della condotta consolidata di Cazzaniga» che usò anche con lui «farmaci che accelerarono il deterioramento delle condizioni cliniche».

Otto omicidi

Con queste motivazioni, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano hanno motivato la condanna del medico che già doveva scontare l’ergastolo per una lunga serie di omicidi contestati. Otto decessi cui, dopo la decisione della Cassazione che aveva rimandato il fascicolo a Milano, si è aggiunto in continuazione anche quello dell’anziano di Rovello Porro. L’uomo era deceduto nell’agosto del 2014. La morte di Brasca arrivò nella casa di Rovello Porro. In precedenza, tuttavia, era passato da Saronno, preso in carico in un secondo momento (dopo essere stato salvato e stabilizzato da un precedente medico) da Cazzaniga, che secondo l’accusa somministrò quel letale mix di farmaci (quello che è stato definito in questi anni di processi come il suo “protocollo”) con cui poneva fine alla vita dei malati. Secondo la difesa invece quel mix era solo un modo per lenire le sofferenze, non certo una cura somministrata con la voglia di uccidere i propri pazienti.

Gli elementi

I giudici di Milano, nelle loro motivazioni depositate in queste ore, hanno sottolineato la «presenza di elementi inequivoci in ordine alle responsabilità di Cazzaniga anche per questo episodio delittuoso». Una somministrazione «accertata anche dall’esame autoptico» che aveva trovato «tracce di tre farmaci non presenti in cartella clinica» ma facenti parte al contrario di quello che è stato definito il «protocollo Cazzaniga». La causa di morte dell’anziano di Rovello Porro fu una «insufficienza cardiorespiratoria sostenuta da un avvelenamento da farmaci». Farmaci che secondo i giudici «hanno accelerato il deterioramento delle condizioni cliniche» del paziente che era già grave. Il decesso, insomma, «non fu un’eccezione a quella che era la regola di condotta dell’imputato», ma fu al contrario parte di una «condotta consolidata».

«Non vi è dubbio – è la chiosa – che l’azione di Cazzaniga si innestò in un contesto dove il processo di morte era avviato, ma fu comunque determinante nel provocarne l’accelerazione». Il decesso di Brasca era stato l’ultimo ad essere attribuito a Cazzaniga in ordine di tempo. I giudici di primo grado avevano anche assolto il medico, mentre in Appello era arrivata la condanna impugnata dai legali della difesa. Decisione, quest’ultima annullata con rinvio dalla Cassazione che aveva rimandato le carte a Milano. L’inchiesta “Angeli e demoni” era esplosa nel novembre del 2016 con l’arresto del medico e dell’infermiera Laura Taroni. I fatti contestati risalivano a un periodo compreso tra il 2011 e il 2014.

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