Trentaquattrenne muore dopo il malore nel 2008 che lo aveva portato in stato vegetativo. La mamma: «Al suo fianco da 15 anni»

Guanzate Addio a Michael Bianchi, 34 anni: non si era mai ripreso da una grave crisi asmatica. La mamma: «Mi sono fatta i tatuaggi in suo onore». Il papà: «Non parlava più, ma era presente»

Un posto di lavoro sicuro, le serate fuori con gli amici, la passione per il calcio condivisa con papà e che bello far “arrabbiare” mamma mostrandole l’ultimo tatuaggio sul braccio.

Sino al 3 ottobre del 2008 era il mondo di Michael Bianchi, morto sabato 4 novembre a 34 anni. Dall’età di 19 anni era in stato vegetativo nella Rsa Vitaresidence per una violenta crisi asmatica, patologia di cui soffriva sin da bambino.

«Era un venerdì – ricorda mamma Debora Belcastro – Eravamo a casa, a Prestino, quando Michael perse i sensi». Disperata la corsa al vecchio ospedale Sant’Anna, dove è stato ricoverato a lungo prima in Rianimazione e poi in Neurologia. «Dopo le dimissioni era stato trasferito a Costamasnaga, per la riabilitazione, ma la situazione peggiorò quasi subito».

La tragedia

Ancora ospedale, ancora riabilitazione e infine il ricovero definitivo alla residenza di Guanzate. Negli anni è stato trasportato d’urgenza altre volte al Sant’Anna: «Perché c’era ancora qualcosa da salvare, ma sabato era impossibile». Michael a 19 anni lavorava, era magazziniere alla Chicco - Artsana di Grandate, aveva una fidanzata, esultava per le vittorie di Valentino Rossi, era tifoso milanista. «La settimana prima del malore guardavamo insieme il derby Milan-Inter – racconta papà Mario – In questi anni ho continuato a frequentare lo stadio. Sabato, in Curva Sud, durante il match Milan-Udinese il gruppo Taka briga ha esposto un manifesto con scritto “Buon viaggio Michael”». Papà Mario ricorda i tanti anni al capezzale del suo ragazzo. «Non parlava, ma era presente ve l’assicuro. Spero soltanto che ora trovi pace».

I ricordi felici

Mamma Debora: «In questi 15 anni mio figlio non è mai stato solo un giorno: gli facevo visita io, Mario o mia madre Paola. È la nonna dell’anno. Il suo Michael non l’ha mai abbandonato».

Debora ripensa anche ai momenti felici. «Nel 2008 lavoravo in un bar di Chiasso e lui un giorno entrò circondato dagli amici. Sembrava volessero nasconderlo, temevo si fosse ferito, invece voleva semplicemente mostrarmi con cautela il grosso tatuaggio col suo nome sul braccio sinistro».

Tatuaggi che oggi ha scelto di imprimere lei sulla pelle in onore del figlio scomparso. «Ho sul petto la corona di un re e sotto ho scritto i nomi Michael e del mio secondogenito Athos. Dietro la spalla destra ho un tribale: era un desiderio di Michael, ma non ha avuto il tempo di realizzarlo». Al disegno ha aggiunto una scritta: “Se mi stai cercando e mi trovi abbracciami con la tua mente”.

Un abbraccio tenero e affettuoso com’erano quelli di Michael. «Era una persona dolcissima, per me è stato davvero difficile accettare che non si sarebbe mai più svegliato. Ho impiegato due anni per capire come conviverci, ho chiesto aiuto allo psicologo della casa di riposo. Vi assicuro ci sono tante famiglie nelle nostre condizioni».

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