Nilde, 108 anni: addio alla nonna d’acciaio

Ronago Se n’è andata in silenzio nella casa di riposo di Uggiate, dopo una vita che aveva definito un romanzo. A cento anni aveva messo un fuga un ladro che si era introdotto nella sua casa: «Aveva fame, gli ho dato dieci euro»

«Signore, se stanotte vuoi venire a prendermi, io sono pronta»: chissà per quante sere e per quanti anni, Nilde ha pregato così. E venti minuti dopo la mezzanotte di ieri, il Signore è venuto a prendere Leonilde Conconi, detta Nilde, che avrebbe compiuto 109 anni il 15 luglio prossimo e nella Casa Anziani di Uggiate Trevano dove si trovava solo dal 2018 si preparavano già a festeggiare il compleanno. Un record, visto che a livello nazionale tale longevità è un patrimonio di neppure cinquanta persone.

Arzilla e lucida fino a poco tempo fa, Nilde era la “mascotte” della Casa, coccolata dagli operatori, ma non c’era neppure bisogno di molte cure, mediche ed assistenziali per lei, che aveva superato anche il Covid, falce per quasi la metà degli ospiti. Lei era guarita: ago della flebo nel braccio, aveva alzato il pollice in segno di “tutto ok”, davanti alla macchina fotografica.

«Mai piangersi addosso – il suo motto – Reagire sempre: io ho sempre fatto così, con l’aiuto della fede». Fibra d’acciaio e cuore di bambagia, a cent’anni, ha reagito anche ad un individuo che, cappellaccio in testa e foulard in faccia, si era nascosto tra le rose e le ortensie del giardino di Nilde e aspettava il momento per rubare in casa. Ha tentato di entrare, ma Nilde gli ha sbattuto la porta in faccia, colpendolo ad un piede. «Ma perchè fai queste brutte cose?», gli ha chiesto. «Ho fame», ha detto lui. E allora lei gli ha dato dieci euro: «Prendi, mangia, vai e non fare più queste cose», gli ha raccomandato.

Lo sconosciuto si è dileguato e Nilde non ha perso né la calma, né il sonno: ha dormito nove ore di fila, quella volta, forse ha rimpianto solo di non aver potuto assistere a tutta la partita Italia–Norvegia. Era sempre informatissima su tutto e se la sua vita era «un romanzo», come la definiva, si è sempre interessata della vita degli altri, in parrocchia, l’Azione Cattolica, il catechismo, il volontariato, intessuti di preghiere, la corona del Rosario accanto al lavoro a maglia, alle parole incrociate «che mi tengono allenata la mente» e a Topolino. La sua passione e l’Associazione “Un sorriso in più”, le regalò l’abbonamento nell’ambito del progetto “Nipoti di Babbo Natale”, organizzato proprio dalla Casa Anziani.

Il matrimonio

«Un romanzo», la vita di Nilde, nata a Coldrerio, vicino a Mendrisio, ultimogenita di undici figli e che conobbe Silvio Somaini nel 1940, il bel carabiniere italiano che aspettò per sei anni e seppe dalla Croce Rossa svizzera che era vivo, in Calabria. Lei, intanto, assisteva i rifugiati in Canton Ticino.

Si sposarono, lui fu trasferito per servizio ad Ancona e lei lo seguì, sempre laboriosa, sempre premurosa verso gli altri, sempre devota, legata alle tradizioni e alla solidarietà. Dopo vent’anni, tornarono a Ronago, il figlio si laureò e Nilde diceva il vero quando raccontava: «Ricordo tutti nelle mie preghiere, i vivi e i morti ».

E poi concludeva la sua preghiera della sera: « Se mi chiami stanotte, Signore, abbi pietà di me». Proprio di notte è sopraggiunta la chiamata. Ciao Nilde.

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