Ordine
Sabato 09 Luglio 2022
A casa di Borsellino
rinasce la speranza
A trent’anni dalla strage di via D’Amelio, dà frutti preziosi il progetto per i ragazzi a rischio creato nel quartiere dove era cresciuto il magistrato. Lo racconta per “L’Ordine” la scrittrice che gli ha appena dedicato un romanzo
La Casa di Paolo nasce da un sogno di Salvatore Borsellino: riportare suo fratello Paolo alla Kalsa, quartiere di Palermo che li aveva visti crescere.
Nell’estate 2015 il sogno prende corpo in un luogo preciso, perché quella che negli anni cinquanta era la farmacia della famiglia Borsellino - in via della Vetriera 57 - diventa un centro di accoglienza, alternativa concreta per i ragazzini di quel quartiere difficile e pieno di contraddizioni.
Paolo era nato lì, tra gli stessi palazzi di Giovanni Falcone e di altri bambini che aveva ritrovato poi da adulti, nelle aule dei tribunali, seduti dalla parte sbagliata. Da uomo di legge, da magistrato, Paolo si era trovato spesso a doverli giudicare e a chiedersi: perché hanno preso direzioni diverse dalla mia, se le strade dove correvamo da piccoli erano le stesse? Questo non ha mai cessato di farlo riflettere, perché era uomo di giustizia ma anche di grande sensibilità, di attenzione alle vicende umane.
Così ce lo racconta Roberta Gatani, sua nipote, figlia della sorella Adele. «Mio zio ha amato la Kalsa fino all’ultimo», ci spiega. «È venuto a passeggiare qui pochi giorni prima di morire e l’ha fatto sottraendosi volontariamente alla scorta: sapeva che ormai era arrivato il suo momento - dopo l’uccisione di Giovanni Falcone - e sentiva che a nulla sarebbe servito uno scudo fatto di uomini come lui, così ha cercato di fare da bersaglio sperando di essere colpito. È stato inutile, perché l’intento era quello di provocare un’altra strage eclatante come quella di Capaci».
In attesa della verità
Sono passati trent’anni da quel 19 luglio 1992 quando in via D’Amelio una Fiat 126 con novanta chili di esplosivo ha ucciso Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. «E ancora non abbiamo la verità», aggiunge Roberta. «Per questo alla Casa di Paolo non accettiamo aiuti dalle istituzioni, perché da loro, prima, vogliamo chiarezza».
Il sogno, trasformatosi in progetto e poi in realtà, è dedicato ai bambini che nascono e crescono in un contesto difficile e sono convinti che per loro non esista un destino diverso da quello dei loro padri, dei fratelli maggiori. «Se alla Kalsa ci fosse stato tanti anni fa un luogo come la Casa di Paolo, molti dei bambini di allora avrebbero potuto prendere strade diverse. È questo il regalo per Paolo, il nostro modo di ricordarlo e farlo vivere ancora».
L’idea iniziale era la realizzazione di una scuola di programmazione: Salvatore Borsellino è ingegnere informatico voleva far acquisire ai ragazzini competenze utili per il mondo del lavoro. Roberta, una volta entrata a gestire insieme a lui la Casa, gli ha proposto di avviare anche altre attività, come il corso di falegnameria: l’intento è quello di trovare insieme strumenti concreti perché il cambiamento si realizzi.
Bambini e volontari
«Oltre ai corsi, tutti i giorni gestiamo un doposcuola» continua Roberta. «I bambini sono soprattutto quelli della primaria, escono dalle lezioni e vengono qui a fare i compiti, evitando di stare in strada e finire in brutti giri. Prima della pandemia avevamo più di quaranta iscritti, con la riapertura abbiamo dovuto ridimensionare i numeri per il distanziamento, ne potevamo accogliere solo dodici. È stato brutto non poter dire di sì a tutti, ma d’altro canto abbiamo sperimentato il rapporto uno a uno dei volontari con bambini, che ha dato ottimi frutti». Volontari, sì, perché alla Casa di Paolo non esistono stipendi o rimborsi spese, chi viene ad aiutare lo fa perché crede nel progetto e tutte le attività offerte sono gratuite. Indispensabile, considerando il contesto sociale: le famiglie vivono situazioni disagiate, la maggior parte abita in case occupate abusivamente. Eppure tutti i bambini che hanno frequentato il doposcuola sono arrivati alla licenza media: non è un traguardo scontato.
In libreria è uscito da poco per Rizzoli un libro che porta lo stesso nome di questo progetto. Nella finzione del romanzo, una classe di quindicenni di Milano si ritrova a fare un percorso scolastico su Paolo Borsellino che si conclude a Palermo, nei luoghi simbolo dell’antimafia e nella vera Casa di Paolo, che diventa teatro di incontro tra Lorenzo - il protagonista - e Tano, un ragazzino del quartiere. «Il bambino al quale il personaggio di Tano è ispirato ha iniziato a frequentare questo posto intorno ai dieci anni, mentre ora è in seconda liceo: questa per noi è la più grande delle vittorie. Dal compiere piccoli furti, come è successo le prime volte in cui è venuto qui, è arrivato a impegnarsi per sé stesso, per il suo futuro, donando addirittura piccole cifre per aiutare la Casa stessa», ricorda orgogliosa Roberta.
E il futuro? «Io sono ottimista», conclude. «Ho il dovere di esserlo. E poi questo progetto non è solo nostro perché tutti possono collaborare, come sentono, come riescono. Paolo è qui con noi ogni giorno, il sogno si è realizzato nel suo nome e crescerà ogni giorno di più».
Sara Loffredi
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