Gli ucraini deportati, ma nessuno ne parla

Prelevati dalle regioni occupate dai russi e trasferiti nella “madrepatria”. Tra loro diciannovemila minori sottoposti a un lavaggio del cervello nei centri militari

È uno scandalo enorme, ma nessuno ne parla. Eppure quei settecentomila cittadini ucraini prelevati dalle regioni occupate militarmente dai russi e trasferiti nella “madrepatria” (dato confermato da Mosca) dovrebbero far gridare di indignazione.

Specialmente considerando che circa 19.000 di loro sono minori e che centinaia di questi bambini e ragazzini (un dato che Mosca nega, ma le conferme al riguardo abbondano) sono stati inviati in centri di addestramento militare russi per insegnare loro due cose, una più grave dell’altra: che l’Ucraina non ha diritto di esistere come Stato indipendente perché non esiste un popolo ucraino distinto da quello russo; e a combattere contro il loro stesso Paese in nome di questa menzogna.

Per questo sequestro di massa di minori il presidente russo Vladimir Putin e la sua commissaria per i diritti dei bambini (incredibile ma vero) Maria Belova-Lvova sono stati dichiarati ricercati dalla Corte Penale internazionale: in pratica, se si presentassero sul territorio di oltre 150 Paesi del mondo, dovrebbero automaticamente essere arrestati e consegnati per un processo. È per questo che Putin limita i suoi spostamenti all’estero ai soli Paesi amici (come la Cina, la Corea del Nord, l’Iran, la Bielorussia) o a quelli che non riconoscono la Corte.

Russificazione forzata

Il sequestro di minori ucraini, la loro russificazione forzata attraverso adozioni illegali e il loro indottrinamento per rivolgerli anche in armi contro la loro stessa patria sono parte di un più ampio disegno di negazione e cancellazione della cultura di un’intera nazione. Disegno che viene attuato scientificamente, di solito nel colpevole disinteresse degli intellettuali occidentali, con azioni criminali come il bombardamento di musei, la distruzione di teatri e università, o la riduzione in rovine (com’è accaduto di recente nella città di Kharkiv) della più grande tipografia ucraina con annesso deposito di libri e testi scolastici stampati nella lingua del “popolo che non deve esistere”.

Addestrati al fanatismo

Ma lo scandalo dei bambini indottrinati per diventare fanatici combattenti contro il loro stesso popolo è il peggiore di tutti. Centinaia di giovanissimi ucraini vengono inviati con coetanei russi in campi di addestramento militare denominati “Tempo per giovani eroi”, organizzati da un gruppo chiamato “Voin” (Guerriero) voluto da Putin in persona nell’ambito di uno sforzo su base nazionale per la trasformazione delle più giovani generazioni in fanatici nazionalisti pronti a combattere. Qui, tra bandiere russe e ritratti di Putin, ragazzi di 14-17 anni in uniforme imparano per tre settimane a usare fucili d’assalto e a odiare, oltre all’Ucraina, quello che Putin considera il vero nemico storico della Russia: il cosiddetto Occidente collettivo che si è unito per ostacolare il suo sogno di ricostruire l’impero di Mosca nell’Europa orientale.

Scopo dichiarato di “Voin” è preparare le giovani generazioni a servire nell’esercito russo e al combattimento. Ma questo indottrinamento non viene condotto solo in campi militari: sono infatti migliaia i ragazzi ucraini sequestrati spediti in “campi di rieducazione” dai quali dovranno uscire come Putin li desidera: pronti a incarnare una generazione di collaborazionisti con un occupante che si presenta falsamente come fratello (maggiore, naturalmente).

I sequestri di minori sono stati condotti nelle province ucraine di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zhaporizhzhia, che Putin ha formalmente incorporato alla Russia anche se le sue forze armate le occupano solo in parte. Quando parla di “negoziati di pace” con Kiev, il Cremlino pone condizione preliminare la cessione da parte dell’Ucraina dei loro interi territori- e delle relative popolazioni.

Ciò che avviene nei campi Voin fa facilmente capire quale sarebbe il destino di questa gente in caso di resa (perché di questo si tratta). Putin, del resto, ha un disperato bisogno di uomini da spedire al fronte: è stato calcolato che in 29 mesi di guerra in Ucraina le vittime russe in uniforme siano state 550.000 (70.000 solo negli ultimi due mesi di quasi improduttivi “assalti a ondate” contro le linee ucraine) di cui oltre 140.000 morti. Una strage che il regime non intende fermare, perché Putin è convinto che il tempo sia dalla sua parte e che presto gli Stati Uniti e l’Europa sceglieranno di abbandonare l’Ucraina al suo destino in cambio di una poco affidabile “stabilità”. Questo cinico gioco costa in media alla Russia mille tra morti e feriti al giorno e costringe Mosca a rimpolpare le prime linee assottigliate con 30.000 uomini ogni mese, sempre peggio addestrati e sempre più difficili da arruolare.

Secondo un’inchiesta del “Times” di Londra, il numero di minori ucraini coinvolti in indottrinamento e addestramento militare potrebbe essere molto più alto di quello fin qui ricostruito. Vengono citati i casi documentati di gruppi composti da decine di ragazzi spediti in centri in Siberia, in Calmucchia e in Cecenia. Ma quelli il cui destino è ignoto si contano a migliaia.

Un’infamia di cui non si parla volentieri per svariate ragioni. Ma che basterebbe (o dovrebbe bastare) da sola a far vergognare chi proclama simpatia per la causa della Russia in questa guerra. Come ha dichiarato recentemente lo scrittore ucraino Oleksandr Mykhed, non ha più senso essere pacifisti dopo l’invasione del suo Paese,ne’ illudersi che in Russia esista una maggioranza silenziosa che si oppone al regime putiniano: “Hanno rapito i nostri bambini e la loro società civile ha messo in moto il meccanismo per russificarli - ha detto a Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera- ; hanno accettato di venire spostati nelle nostre terre per colonizzarle; i loro soldati ci combattono senza rivoltarsi; appena possono rimettono in piedi le statue di Stalin e Lenin che abbiamo abbattuto; accanto alle rovine del teatro di Mariupol hanno appeso un telone coi volti dei loro autori classici come Tolstoi e Pushkin; e hanno una nostalgia folle del loro vecchio impero comunista”.

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