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Domenica 31 Marzo 2024
La donna che per prima che vide il risorto
Maria di Magdala fu la prima a cui apparve il Cristo uscito dal sepolcro, ma è stata confusa con altre figure Le ipotesi che fosse una prostituta o la moglie di Gesù non trovano alcun riscontro nei vangeli canonici
Era presente anche lei con Maria, la madre di Gesù, sulla cima di quello sperone roccioso gerosolimitano, detto in aramaico Golgota e in latino Calvario, mentre il suo Maestro pronunciava le sue ultime parole tra gli spasimi dell’agonia sulla croce, come annota l’evangelista Giovanni (19,25). Aveva poi assistito alla sepoltura del corpo di Cristo rimanendo seduta di fronte alla grande pietra che copriva la tomba e sembrava suggellare per sempre la storia di quel personaggio così misterioso di cui era divenuta discepola (“Matteo” 27,61). Quand’era ancora buio, l’indomani, si era recata di nuovo a quel sepolcro, scoprendo a sorpresa che la lastra tombale era stata tolta via. Era corsa ad avvertire Simon Pietro e l’altro discepolo caro a Gesù, Giovanni, per ritornare poi in quello spazio cimiteriale, mentre sorgeva il sole (“Giovanni” 20,1-3). Fermiamoci per ora qui e sveliamo l’identità di questa figura femminile.
Santa calunniata e glorificata
Come forse si è capito, è Maria di Magdala (la Maddalena della pietà popolare). Nel 1989 lo scrittore Giovanni Testori mi chiese di premettere a un suo volume dedicato proprio all’iconografia della santa nella storia dell’arte (soggetto in cui sacro ed eros s’intrecciavano secondo una tipologia cara allo scrittore) un profilo biblico. Scelsi come titolo: “Una santa calunniata e glorificata”. Il titolo è diventato poi ancor più pertinente anni dopo, in seguito alle improbabili fantasie del “Codice da Vinci” di Dan Brown, anche perché il romanzo aveva alla base una sorta di luogo comune, scambiato per storiografico, inchiodato nella mente di molti lettori.
Cerchiamo, allora, di ricostruire le ragioni della deformazione del volto di questa donna proveniente da Magdala (dall’ebraico migdol, “torre”), un villaggio di pescatori posto sulla costa occidentale del lago di Tiberiade, allora centro commerciale ittico tant’è vero che in greco si chiamava Tarichea, cioè “pesce salato”. Ebbene, da questa località, Maria emerge all’improvviso nel Vangelo di Luca (8,1-3), in un elenco di discepole di Cristo, come Giovanna, moglie del ministro delle finanze di Erode Antipa, o una certa Susanna e «molte altre». Il ritratto è abbozzato con una sola pennellata: «Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni». Il «demonio» nel linguaggio evangelico non è solo radice di un male morale ma anche fisico che può pervadere una persona. Il «sette», poi, è il numero simbolico della pienezza. Non possiamo, dunque, sapere molto sul male grave, morale o psichico o fisico, che colpiva Maria e che Gesù le aveva eliminato. La tradizione popolare, però, nei secoli successivi non ha avuto esitazioni e ha fatto diventare Maria Maddalena una prostituta.
Perché è avvenuto questo equivoco? La risposta è semplice: nella pagina precedente, il capitolo 7 del Vangelo di Luca, si narra la storia di un’anonima «peccatrice nota in quella (innominata) città». L’applicazione era facile ma infondata: questa «peccatrice» pubblica dovrebbe essere Maria di Magdala, presentata poche righe dopo! A lei venne, allora, attribuita tutta la vicenda raccontata dall’evangelista. Saputo della presenza di Gesù a un banchetto in casa di un notabile fariseo, un tale Simone, essa aveva compiuto un gesto di venerazione e di amore particolarmente apprezzato dal Cristo: aveva cosparso di olio profumato i piedi del rabbì di Nazaret, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli, ricevendo alla fine una parola di perdono dei suoi peccati.
Con questa prima ingiustificata identificazione tra la Maddalena e l’anonima peccatrice se ne preparava già la seconda in una specie di caleidoscopio delle sovrimpressioni. È noto, infatti, che nel capitolo 12 del Vangelo di Giovanni, Maria, sorella di Marta e di Lazzaro, amici di Gesù, aveva compiuto lo stesso gesto – che, tra l’altro, era segno di ospitalità e di esaltazione dell’ospite – della citata peccatrice di Luca. Durante un pranzo, essa «cosparge i piedi di Gesù con una libbra di olio profumato di vero nardo assai prezioso e li asciuga coi suoi capelli». È, allora, proprio per una nuova libera deduzione che nella tradizione cristiana Maria di Magdala viene trasformata in Maria di Betania, sobborgo di Gerusalemme!
Per due volte la tradizione popolare fa, così, perdere i connotati personali a Maria di Magdala, confondendola prima con una prostituta – da qui tutte le rappresentazioni “carnali” della santa nella storia dell’arte – e poi con la più pura Maria di Betania. Frattanto, però, la vera Maria Maddalena è effettivamente giunta coi discepoli a Gerusalemme alla sequela di Gesù per vivere con lui le sue ultime ore tragiche. Tutti gli evangelisti sono, infatti, concordi nel segnalare la sua presenza al momento della crocifissione e della sepoltura di Cristo, come abbiamo sopra segnalato. Ed è proprio accanto a quella tomba nella luce ancora pallida dell’alba di Pasqua che il Vangelo di Giovanni (20,11-18) ambienta il celebre incontro pasquale tra Cristo e Maria di Magdala.
Il riconoscimento
Come è noto, Maria scambia il Cristo col custode dell’area cemeteriale. Ora, questo tipo di “cecità” è tipico di alcune apparizioni del Risorto: si pensi solo ai discepoli di Emmaus che gli camminano insieme per ore senza riconoscerlo (“Luca” 24, 13-35). Il significato è naturalmente teologico: pur essendo ancora lo stesso Gesù di Nazaret, il Cristo glorioso travalica le coordinate umane, storiche e fisiche. Per poterlo “riconoscere” è necessario mettersi su un canale di conoscenza trascendente, quello della fede; quello sensoriale e razionale precedente non è più sufficiente. È per questo che, solo quando si sente chiamata per nome in un dialogo personale, Maria lo “riconosce” chiamandolo in aramaico “Rabbuní”, «mio maestro».
Nella sua celebre “Vita di Gesù” (1863) lo storico francese Ernest Renan razionalisticamente cercherà di smitizzare tutta la scena riducendola all’allucinazione di un’innamorata: «L’amore di una donna compì il miracolo: Gesù risorse per lei!». Si aggiungeva, così, un ulteriore tassello malizioso al ritratto di Maria, facendola passare implicitamente – senza il minimo fondamento testuale – come amante segreta di Gesù. Anzi, non è mancato chi ha cercato di assegnargliela in moglie, come un americano, William E. Phipps in un libro, piuttosto “creativo”, dal titolo esplicito “Was Jesus married?” (1970).
In verità, questa ulteriore deformazione del volto della Maddalena aveva radici più antiche che sono proliferate successivamente. Per attestarle, dobbiamo uscire dai Vangeli canonici ed entrare nel mondo, magmatico e insicuro, degli apocrifi gnostici, opere sorte nella cristianità d’Egitto attorno al III secolo. Prima di tutto dobbiamo dire che in alcuni di questi scritti Maria di Magdala viene persino confusa con Maria, la madre di Gesù! Identificazione, certo, nobilissima ma che ancora una volta impediva a questa donna di conservare la sua identità personale. Anzi, la sua trasfigurazione raggiungerà in quegli scritti una tale altezza da sciogliere la figura di Maria Maddalena fino a renderla quasi un’idea, un simbolo, la Sapienza per eccellenza.
Questo risultato viene paradossalmente ottenuto attraverso immagini sulle quali la lettura interpretativa posteriore con malizia tenterà di ricamare allusioni voluttuose ed erotiche, analoghe a quelle sopra evocate. Si leggeva, infatti, nel “Vangelo di Filippo”, un apocrifo scoperto nel 1945 a Nag Hammadi in Egitto: «Il Signore amava Maria Maddalena più di tutti i discepoli e spesso la baciava sulla bocca. Gli altri discepoli, vedendolo con Maria, gli domandarono: Perché l’ami più di tutti noi?». Ce n’era abbastanza per chi, ignaro della simbologia biblica («la Sapienza esce dalla bocca dell’Altissimo» secondo l’Antico Testamento, come si legge nel libro del “Siracide” 24,3), ha voluto seminare sospetto su Maria e su Gesù, fantasticando appunto una relazione sessuale tra i due, come sopra abbiamo segnalato.
In realtà, secondo quanto osservava lo studioso Luigi Moraldi (1915-2001) nella sua edizione di quel Vangelo apocrifo, «in tutti gli scritti gnostici cristiani la Maddalena è solo l’esempio del perfetto gnostico e la maestra della dottrina gnostica», cioè della “conoscenza” piena dei misteri divini. La funzione di segno della Sapienza divina sarà esplicita in questa beatitudine rivolta alla Maddalena e messa in bocca a Gesù dall’autore gnostico: «Te beata, Maria, ti renderò perfetta in tutti i misteri dell’alto. Parla apertamente tu, il cui cuore è rivolto al Regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli!» (17,2).
Interpretazioni estreme
In un altro testo gnostico, il trattato “Pistis Sophia” (la Sapienza fedele), ove appare per ben 77 volte, la Maddalena diventa poi l’emblema dell’umanità redenta di tipo androgino (un’altra deformazione di Maria!) perché, secondo una lettura letteralista di un passo dell’apostolo Paolo, «non ci sarà più né uomo né donna ma tutti saranno uno in Cristo Gesù» (“Galati” 3, 28). Una santa in cerca d’identità, quindi, sospesa tra due estremi: carnalmente abbassata a prostituta o ad amante, spiritualmente elevata a Sapienza trasfigurata.
Per fortuna l’unico che in quell’alba pasquale la chiamò per nome, Maria, e la riconobbe confermandola come sua discepola fu proprio Gesù di Nazaret, il suo Maestro, il Rabbuní. Ed è proprio sulla base di quell’incontro pasquale che la sua presenza si riaffaccia ogni anno nella liturgia cattolica della Messa di Pasqua con la stupenda melodia gregoriana del “Victimae paschali” e con quel dialogo latino che ci esimiamo dal tradurre: - “Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?” - “Surrexit Christus spes mea!”
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