L’isola di Hitchcock: l’anima di un genio

l regista di un nuovo documentario sul maestro del brivido ritiene che un set
del primo film girato sul Lago di Como celi la chiave di lettura della sua intera opera

“Hitchcock Island” si intitola il documentario che Paolo Lipari ha dedicato al regista inglese e al suo primo film “The pleasure garden” girato in parte sul Lago di Como. Il progetto dell’associazione Dreamers è stato sostenuto dal Comune di Como e dal Comune di Tremezzina. La prima proiezione avverrà giovedì 31 ottobre alle ore 20.30 al cinema Astra, in viale Giulio Cesare a Como. E, a seguire, verrà proposto il film di Hitchcock, che in Italia girò con il titolo “Il labirinto delle passioni”, accompagnato da una colonna sonora eseguita dal vivo. L’ingresso alla serata è libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Alla mattina si terrà un incontro riservato alle scuole.

Le isole di lago hanno tutte qualcosa di magico. La terra si inchina per raccogliere l’acqua ma... ecco che un’emersione scombina lo scenario. In mezzo ad un lago, un’isola pare messa dove non dovrebbe stare. Come un leopardo in un salotto. Per questo la si guarda un po’ straniti, persino divertiti, come di fronte alla trovata di un prestigiatore. Se l’isola di mare o di oceano evoca imprese avventurose, probanti esplorazioni, orizzonti infiniti, quella che si lascia abbracciare dall’acqua dolce, e poi dalle colline, ti fa tornare bambino. Come quando la spugna galleggiava nella vasca preparata dalla mamma. L’isola di lago genera racconti da fiaba. A volte sono storie buffe e gentili come quella del barone Lamberto di Gianni Rodari. Altre volte sono favole truci: sul Monte Isola del lago d’Iseo, ogni 14 luglio, riappare la Matta, una terribile strega che afferra i bambini trascinandoli sul fondo...

In questo immaginifico arcipelago lacustre, l’Isola Comacina del nostro Lario è in qualche modo la somma regina. Non ci sono altri fazzoletti di terra che possano vantare un simile affollamento di figure, voci, fatti storici, vicende probabili, credenze assurde... È come se a una ventina di bracciate dalla riva avesse trovato ormeggio lo scafo di un veliero fantasma. Fuori dal tempo.

Paesaggi umani

Certi incontri tra luoghi e personaggi avvengono nel segno dell’inevitabile. Quando Alfred Hitchcock, venticinquenne, capitò sul nostro lago per girare le location di alcune scene del suo primo film, “The pleasure garden”, si lasciò sicuramente incantare dall’eleganza di Villa d’Este, dai vicoli di Nesso e da altri borghi opportunamente pittoreschi. Ma è in quello scoglio deserto e selvaggio che, ad ogni costo, dovette metterci i piedi. Da regista al suo esordio, da novello sposo in viaggio di nozze, da padre di una vispa bambina, da attempato villeggiante, da estimatore della cucina del Cotoletta... Hitchcock stabilì nel tempo un rapporto con l’isola che pare un romanzo. A me ha ispirato un film documentario: “Hitchcock island”.

È insomma accaduto che anch’io ho finito per farmi inghiottire dal vortice del più magnetico luogo lariano. Dopo averlo sondato, misurato, circumnavigato..., posso dire che la sua forza attrattiva stia forse tutta in un ossimoro: una remota prossimità.

Natura contraddittoria

Il giovane Hitchcock ne sperimentò sino in fondo questa sua natura contraddittoria: l’Isola Comacina è schiva, eppure seducente, ha il volto sereno ma insieme cupo, suggerisce dolcezza ma anche asperità. Per la ripresa che volle ambientarvi il giovane Alfred dovette superare una serie di problematiche molto concrete. Come mi ha raccontato Marco Leoni, direttore del Museo del Paesaggio del lago di Como, nel 1925 sull’isola non v’era neppure l’imbarcadero, la salita al prato sovrastante era scoscesa, l’aria puzzava di bestie, non c’era luce né servizio idrico. Eppure Hitchcock non si arrese. Eppure vi tornò, a più riprese, con insistenza, per quarant’anni.

La domanda che mi sono fatto, da innamorato del suo cinema così come del nostro lago, è ovvia ma, posso assicurare, molto complicata: perché? Sì, certo, nel cinema di Hitchcock è sempre da un’acqua quieta che emerge l’inquietudine, la paura.. Nel film “La finestra sul cortile”, il mistero è dirimpettaio, in “Psycho” è al piano di sopra, in “Vertigo” è persino tra le braccia... L’isola Comacina dovette dunque suggerirgli l’idea di un set potenzialmente ideale: pochi minuti di barca, un balzo da niente e si capovolgono le prospettive. Ma quel film lo aveva in testa per davvero? Dovevo indagare.

A incoraggiarmi in questa emozionantissima detection due enti pubblici: il Comune di Como e quello di Tremezzina, due soggetti che mi hanno subito richiamato alla responsabilità di una ricerca che non poteva rinchiudersi nei limiti di una curiosità puramente personale. L’investigazione doveva essere il più possibile ampia, documentata e approfondita. Perché in palio c’era tanto: la possibilità che il nostro paesaggio ci potesse offrire la chiave di accesso alla più segreta intimità dell’ispirazione hitchcockiana; ma, di contro, anche l’ipotesi che uno dei più straordinari maestri della storia del cinema mondiale fosse arrivato a cogliere il nostro stesso genius loci, lo spirito del Lario.

Per addentrarmi in un territorio così ricco e articolato ho chiesto aiuto a cinque cinque personaggi reali, ognuno in qualche modo “magico”. Nel film, più che condurre le danze, si lasciano condurre dal richiamo dell’isola, sino a donarci preziosissimi scrigni. Li cito in ordine alfabetico: Pietro Berra, giornalista de “La Provincia”, autore di splendidi volumi sul rapporto tra il cinema e il nostro territorio; Gianni Canova, direttore dello IULM di Milano, tra i massimi esperti di cinema in Italia e non solo; Diana Hobel, finissima attrice e regista, che ha portato in teatro universi confinanti a quello indagato; Albertina Nessi, figlia del mitico Lino Nessi, detto il Cotoletta, autrice di libri dove riesce a donare fisicità a un passato da fiaba; Mario Serenellini, promotore limpido e trascinante del cinema di vera qualità. Seguirli, ascoltarli, intercettare le loro indicazioni mi ha portato, con il sostanziale apporto di mia figlia Francesca, a ripercorrere al contrario, a riallargare la spirale da cui ero stato risucchiato. Dal punto più alto dell’isola, dal così detto “albero di Hitchcock”, il viaggio ci ha risospinti all’esterno: a Milano, Trieste, Parigi, Londra... E, parallelamente, in una dimensione virtuale, a navigare per teche, archivi, schedari online...

Il risultato? Una serie di misteriose tangenze, contatti da brivido, incredibili riscontri... La storia si è dipanata da sola sino a consegnarci una magia. Sul foglio del lago un disegno che annoda, in un’unica traccia, il profilo di un genio, il profilo di un’isola.

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