Malagrida sul rogo per amore degli indios

Il missionario gesuita nato a Menaggio nel 1689 fu ucciso nel 1761 a Lisbona dal braccio secolare dell’Inquisizione. La sua figura valorizzata in una mostra sugli emigranti dal Lario al Sud America e in un saggio dello storico Fabbri

Padre Gabriele Malagrida verrà ricordato sabato 19 ottobre nel suo paese natale, Menaggio. Nell’ambito dell’Anno delle radici italiane nel mondo e del progetto “Dalle Alpi alle Ande” sostenuto dal ministero dell’Economia e delle Finanze e dal ministero dei Beni Culturali, l’associazione Sentiero dei Sogni e il Comune di Menaggio, con la collaborazione della Comunità Pastorale di Menaggio e del Pontificio Collegio Gallio, organizzano l’evento “Sui passi di un martire”. Tra le 14.30 e le 17.45 si terranno una passeggiata creativa e una conferenza in memoria del missionario gesuita.Il ritrovo è sul lungolago di Menaggio (viale Castelli), presso il monumento alla Tessitrice. Da lì si effettuerà un percorso di circa 1,5 km per le vie del paese, seguendo le tracce di padre Malagrida. Lungo il cammino si visiterà la mostra “Dalle Alpi alle Ande” presso lo Spazio Museale Fondo Africanistica, con un pannello dedicato proprio alla storia del missionario, e verrà aperta ai partecipanti la sua casa natale , quindi si toccherà la chiesa parrocchiale di Santo Stefano, per finire nell’aula magna delle scuole medie dove seguirà una conferenza a più voci sulla sua figura. Conduce il percorso e modera la conferenza Pietro Berra, giornalista e presidente di Sentiero dei Sogni. Introducono la conferenza Valentina Pozzi, assessore alla Cultura del Comune di Menaggio, il parroco don Pierino Riva e il padre rettore del Collegio Gallio Giovanni Benaglia. Relazioni di: padre Giovanni Bonacina, storico ed ex docente del Collegio Gallio; Cristina Redaelli, docente e studiosa di storia locale. Partecipazione gratuita con iscrizione obbligatoria attraverso la pagina web http://sentierodeisogni.it/eventi 

La sua figura ha ispirato quella di padre Gabriel del film “Mission”, memorabile pellicola del 1986 dedicata agli ultimi gesuiti che alla metà del XVIII secolo difesero invano le comunità indigene della foresta amazzonica dall’avidità degli schiavisti portoghesi. Ed è tornata attuale da quando il primo papa gesuita, Francesco, nel 2019 ha posto l’attenzione sull’Amazzonia, chiamando a raccolta i vescovi locali per tutelare la foresta e gli indios.

A Gabriele Malagrida, nato a Menaggio il 18 settembre 1689, è dedicato un pannello della mostra sugli emigranti “Dalle Alpi alle Ande” in corso al Museo del Paesaggio di Tremezzo e alla biblioteca di Menaggio fino al 3 novembre. Inoltre, la sua figura è stata rivisitata nel saggio “Gabriele Malagrida, migrante per la fede” scritto dallo storico dell’Università di Bologna Maurizio Fabbri nel 2021.

La famiglia Malagrida, benestante e di profondi sentimenti religiosi, iscrisse Gabriele al Collegio Gallio di Como, retto dai Padri Somaschi. Poi il giovane approfondì la teologia a Milano e a Genova, dove venne ammesso nella Compagnia di Gesù come novizio nel 1711 e nel 1721 fu ordinato sacerdote. Su sua insistente richiesta, nello stesso anno ottenne di andare missionario in Brasile, a São Luís, capitale del Maranhão, regione compresa tra la foresta amazzonica e l’oceano Atlantico, sotto il dominio portoghese. Là si impegnò nell’istruzione di coloni e nativi, fondò collegi e seminari, aprì ospizi per orfani e prostitute. Guadagnò vasta fama come predicatore ed era ritenuto capace di parlare con gli animali, di prevedere il futuro, di compiere esorcismi e guarigioni. Durante le processioni il popolo tagliava pezzi delle sue vesti per conservarli come reliquie.

Il martirio

Malagrida fu inviato una prima volta a Lisbona dai suoi superiori nel 1749 per ottenere il sostegno della corona ai progetti della loro missione e si guadagnò il favore di re Giovanni V e della regina Maria Anna al punto che quest’ultima, quando il marito morì, volle il gesuita accanto a sé come consigliere. Ma il nuovo re, Giuseppe I Emanuele di Braganza, concesse totale fiducia al primo ministro Sebastiano Giuseppe di Carvalho e Melo, marchese di Pombal, animato da idee illuministe radicali che lo spinsero a perseguitare i gesuiti. Il terribile terremoto di Lisbona del 1755 indusse Malagrida a scrivere un pamphlet in cui sosteneva che il cataclisma fosse stato mandato da Dio per punire il Portogallo per la sua politica laicista e antipapale. Dall’altra parte Pombal colse l’occasione di un attentato al re, avvenuto nel 1758, per accusare lo stesso Malagrida di esserne il mandante e farlo arrestare. Il gesuita, ormai ottuagenario, venne rinchiuso nelle segrete del Forte da Junqueira per tre anni, al termine dei quali fu giudicato colpevole di complotto contro la monarchia, di eresia e di apostasia, venendo giustiziato il 30 settembre 1761 nella piazza del Rossio assieme a due confratelli. Prima fu asfissiato con la garrota e poi il suo corpo bruciato sul rogo, ma il cuore, dicono le cronache, rimase intatto. Papa Clemente XIII, la cui famiglia era originaria di Rezzonico, borgo lariano vicino a Menaggio, fece immediatamente eseguire e diffondere un ritratto di Malagrida come martire della fede.

Tracce del gesuita a Menaggio

Nel paese natale di padre Malagrida è ancora possibile trovare tracce significative della sua vita. La casa dove nacque nel 1689 è situata al civico 26 della via intitolata a un altro grande evangelizzatore menaggino, Castellino da Castello, che tra il XV e il XVI secolo fondò le “Scuole della Dottrina Cristiana” a Milano. Sulla facciata è stata posta una lapide commemorativa dal Centro studi storici Val Menaggio nel 1990. All’interno si trova ancora la sua camera, detta la “stanza del beato”.

Diverse le testimonianze di Malagrida nella chiesa di Santo Stefano: il suo martirio è stato dipinto sul soffitto dal pittore Luigi Tagliaferri nel 1899 e il suo ritratto si trova su un pilastro che separa la navata destra da quella centrale. Un altro ritratto è custodito nella casa parrocchiale, mentre non abbiamo trovato traccia di un monumento in sua memoria del 1887, che fornì lo spunto alla rivista “Civiltà cattolica” per rispolverare in un lungo articolo quella che rimane una figura di riferimento per la Compagnia di Gesù (e non solo).

Tra il 1989 e il 1990 si tennero le celebrazioni per il 300° anniversario della nascita di padre Malagrida, curate da Accademia Pliniana. Nell’occasione fu collocato nella chiesa di Santo Stefano un busto del missionario, opera dello scultore Luigi Teruggi finanziata dal regista Bernardo Malacrida, discendente del gesuita, che produsse anche un documentario e una pièce teatrale sull’illustre avo. Inoltre, si tenne un convegno internazionale ai cui atti, pubblicati dall’Amministrazione provinciale e disponibili nelle biblioteche lariane, si rimanda per un approfondimento. Infine, venne intitolato all’“apostolo del Brasile” il piazzale antistante la chiesa parrocchiale, che andò ad aggiungersi alla via, pure a lui dedicata, dove si trova l’Istituto di istruzione superiore “Ezio Vanoni”.

Da segnalare le citazioni agrodolci riservate a Malagrida da due autori lontanissimi da lui sul piano ideologico. Nel 1775 l’illuminista Voltaire dedicò al suo processo parte del capitolo 38° del “Précis du siècle de Louis XV”, dando credito alla cospirazione dei gesuiti contro Giuseppe I, ma allo stesso tempo condannando il processo nel Sant’Uffizio, nel quale «l’eccesso del ridicolo e dell’assurdo si unì all’eccesso di orrore». Stendhal, invece, apre il 22° capitolo de “Il rosso e il nero” con una citazione che ha attribuito a padre Malagrida (ma per altre fonti è di Talleyrand): «Le parole sono state donate all’uomo per nascondere il suo pensiero».

Queste le conclusioni che tira Fabbri rispetto all’attualità della lezione di Malagrida: «Occorre salvaguardare il mitico polmone della regione amazzonica [...] che, ahinoi, comincia ormai ad essere intaccato dall’avidità, dall’ignoranza e dall’ottusità di governanti meschini. [...] Malagrida penetrò nelle sue viscere non per deturparne l’immensa verde bellezza, o per contaminare il morbido polmone dal vitale respiro, ma per migliorare le sorti dei nativi, per arricchire la loro vita e la loro cultura, per offrire loro i semi di un fausto sincretismo».

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