Attenzione alla stipsi: può nascondere altro

Il disturbo Dopo i 60 anni ne soffrono due donne e un uomo su tre. È un disagio che va attentamente valutato per escludere altre patologie

Secondo i dati riportati dalla letteratura scientifica due terzi delle donne e un terzo degli uomini sopra i 60 anni soffre di stipsi. Si tratta di una problematica che non sempre arriva all’attenzione degli specialisti in quanto, in una percentuale della popolazione interessata, c’è ancora pudore nel parlarne. Il disagio cronico nell’eseguire la normale funzione defecatoria, invece, deve essere attentamente valutato per escludere patologie organiche e per l’impostazione di una corretta terapia che, in alcuni casi, può prevedere anche la chirurgia.

Quando si parla di stipsi, spesso definita anche con il termine stitichezza, è sempre importante anche evitare il fai da te, magari ricorrendo a farmaci lassativi o altre soluzioni che potrebbero essere nocive. Il consiglio è così di rivolgersi al medico per un attento inquadramento della situazione.

«La rilevanza della stipsi nella popolazione, soprattutto in quella femminile, visto che parliamo di due pazienti su tre – spiega Mario De Col, chirurgo endoscopista dell’apparato digerente dell’ospedale Sant’Anna - ha portato negli ultimi anni a ricercarne, oltre alle cause, ormai quasi tutte note, anche e soprattutto l’adeguata terapia. A sorpresa, nei casi di “defecazione ostruita” la chirurgia si è dimostrata la soluzione migliore».

Ma cosa si intende per defecazione ostruita? «La prima cosa da dire per spiegare quali sono i casi da inviare all’intervento chirurgico - prosegue lo specialista – è di classificare la stipsi in colica e rettale».

La stipsi colica è dovuta a un rallentato transito fecale nel colon, causato da una diminuzione della peristalsi, ovvero quella serie di movimenti involontari di contrazione e rilassamento dei muscoli dell’intestino, inibita spesso da stimoli centrali dovuti a tensione, stress, o all’uso farmaci come i sedativi e i neurolettici o all’associazione di entrambi. Meno frequentemente questa diminuzione della peristalsi è dovuta a malattie nervose, traumatismi o lesioni vertebrali.

«La stipsi colica – conferma il medico - è di gran lunga la più frequente in percentuale e come si può intuire non ha quasi mai indicazioni chirurgiche».

Passando alla stipsi rettale, invece, questa può essere a sua volta suddivisa in stipsi rettale funzionale e stipsi rettale meccanica. «Nella stipsi funzionale – prosegue il medico – rientrano tra le cause i problemi di tensione nervosa che provocano una dissinergia muscolare, o meglio una incoordinazione dei movimenti implicati nell’ultimo atto della defecazione, o ancora a spasmi anali con aumento della pressione anale superiore a quella rettale. Anche questi pazienti, che rappresentano una percentuale abbastanza consistente, non presentano indicazione chirurgica ma possono rispondere bene a terapie di biofeedback o ginnastica di autocontrollo, associate alla terapia del disordine primario e cioè ansia o depressione».

La stipsi rettale meccanica, invece, può essere considerata come una ostruzione alla fuoriuscita delle feci determinata da un prolasso di mucosa rettale nel canale anale. «Bisogna immaginare questo canale come a un imbuto – precisa De Col - in cui il prolasso va ad incastrarsi, impedendo alle feci, soprattutto se di consistenza dura, di fuoriuscire».

Le cause di questo prolasso interno rettale sono prevalentemente dovute alla distensione del pavimento pelvico durante la gravidanza. Un dato questo confermato dal fatto che le pazienti in cui viene riscontrato un rettocele più o meno evidente hanno avuto una o più gravidanze, mentre è raro riscontrare la problematica in donne che non hanno avuto figli. Nella popolazione maschile la frequenza di questa condizione è ancora più rara e, in alcuni casi, ha come fattore favorente una pregressa prostatectomia.

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