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Mercoledì 21 Dicembre 2022
I danni dello stress? Li può rilevare una proteina nel sangue
Lo studioI ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità: «È fondamentale per far funzionare le cellule nervose. Alcune mutazioni causano malattie neurologiche rare»
Una riduzione nel sangue della proteina MECP2 sembrerebbe favorire il rischio di sviluppare patologie stress-correlate, in persone, soprattutto donne, che, durante l’infanzia o l’adolescenza, abbiano vissuto esperienze particolarmente avverse.
È quanto emerge da uno studio che è stato recentemente pubblicato e che sarà utile per svelare nuovi bersagli per l’implementazione di interventi preventivi personalizzati.
I risultati dello studio
A questa conclusione sono giunti i ricercatori del Centro di riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute Mentale dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), i quali hanno divulgato i risultati sulla rivista su Translational Psychiatry, suggerendo che MECP2 possa essere un marcatore di suscettibilità allo stress. «Al centro delle indagini la proteina MECP2, ovvero Methyl-CpG binding protein 2, fondamentale per il funzionamento delle cellule nervose – spiegano dell’Istituto superiore della sanità - nota perché alcune mutazioni del gene che la codifica sono la principale causa della Sindrome di Rett, una malattia neurologica rara, molto grave, che colpisce fin dalla prima infanzia prevalentemente il genere femminile».
Oggi, come sottolineano ancora i ricercatori dell’Iss, sappiamo che questa proteina, oltre a essere implicata in numerosi processi del neurosviluppo, svolge un ruolo fondamentale nel determinare gli effetti che l’ambiente in cui viviamo ha sul nostro organismo, suggerendo un suo coinvolgimento nei processi che predispongono allo sviluppo di psicopatologie indotte dall’esposizione a eventi stressanti nel corso della vita.
Colpisce di più le donne
Sulla base di queste evidenze, i ricercatori coinvolti nello studio hanno analizzato i livelli di MECP2 in campioni di sangue di sessantatré persone clinicamente sane. «I risultati hanno confermato le loro ipotesi – aggiungono dall’ISS - ovvero che esiste una connessione tra i livelli ridotti di MECP2 e gli esiti disadattivi, quali ansia e depressione, delle esperienze avverse vissute in infanzia, e che tale legame è più forte tra le donne. Ulteriori studi finalizzati ad approfondire i meccanismi alla base di questa associazione potranno svelare nuovi bersagli per l’implementazione di interventi preventivi personalizzati».
Come ricordano dall’Istituto Superiore di Sanità i disturbi mentali rappresentano un grave problema di salute pubblica, con esiti altamente debilitanti e impatto significativo sia sugli individui colpiti che sulla società. L’onere associato alle malattie mentali è considerevole: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una persona su otto in tutto il mondo soffre di disturbi mentali come ansia, disturbi dell’umore o disturbi legati ad eventi traumatici e stressanti. «L’accesso alle cure – concludono dall’ISS - è limitato e, spesso, chi non riceve assistenza sviluppa importanti disabilità e va incontro a morte prematura dovuta a condizioni fisiche altrimenti prevenibili o a suicidio».
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