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Mercoledì 12 Giugno 2024
Il 2% della popolazione soffre di perdita dei capelli. Fattori scatenanti e nuovi farmaci biologici
Alopecia areata Approvata anche una nuova molecola per l’età pediatrica. La causa della perdita dei capelli è di tipo autoimmune
I farmaci biologici sono la nuova frontiera anche per il trattamento della alopecia areata di grado severo. Dopo una prima molecola destinata ai pazienti adulti, recentemente ne è stata approvata un’altra che consente di prescrivere la terapia anche ai pazienti pediatrici a partire dai 12 anni.
L’alopecia areata è una malattia autoimmune caratterizzata dall’attacco da parte del sistema immunitario dei follicoli piliferi, con perdita di capelli e con decorso imprevedibile. Colpisce il 2% circa della popolazione a qualunque età, la caduta può limitarsi al cuoio capelluto, dove può essere parziale con chiazze tondeggianti o totale (alopecia totalis), o interessare tutte le aree pilifere del corpo (alopecia universalis). La patologia ha un impatto drammatico su chi ne è affetto, con disturbi psichiatrici e ripercussioni negative sulla qualità di vita e sulla salute mentale, tra cui perdita di produttività lavorativa o scolastica, che si aggiungono ai costi diretti dell’assistenza sanitaria. «Le novità di trattamento introdotte in questi anni – spiega Piergiorgio Malagoli, dermatologo e responsabile della Psocare Unit dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano – riguardano proprio i pazienti con alopecia areata di grado severo. Si tratta di una malattia estremamente invalidante dal punto di vista personale».
Le cause di questa malattia non sono ancora del tutto note, ma quello che si sa, come detto, è che c’è una predisposizione genetica, così come un meccanismo autoimmune che provoca la caduta dei capelli. «Per una serie di fattori psicologici e biologici – prosegue lo specialista – si verifica una iperattività di alcune cellule del nostro organismo che non riconoscono più il bulbo del capello come qualcosa di “self” e cioè come qualcosa che fa parte di noi, quindi, queste cellule lo aggrediscono causando la successiva caduta del capello».
Fattori scatenanti di questa reazione possono essere eventi o elementi che attengono alla sfera psicosomatica, quindi, un forte stress o eventi che vanno a toccare la sfera personale emotiva o di relazione e possono portare, nei soggetti geneticamente predisposti, alopecia areata.
«Fino a pochi anni fa c’era molto poco da fare per questi pazienti – precisa Malagoli – sono state tentate diverse soluzioni ma poche con risultati significativi. Tra i trattamenti in uso, fino all’arrivo dei farmaci biologici, le iniezioni di cortisone all’interno del cuoio capelluto che hanno dato risultati discreti ma non definitivi, anche perché è impensabile che una persona faccia punture di cortisone per tutta la vita». Tra gli altri trattamenti quelli con immunosoppressori come ciclosporina. «Anche questi con efficacia decorosa – prosegue - ma a fronte di effetti collaterali importanti legati proprio all’immunosoppressione che la ciclosporina causa». Si tratta di terapie che ancora oggi hanno una loro validità per pazienti che però hanno forme meno gravi di malattia. L’indicazione ai nuovi farmaci, infatti, è per pazienti con alopecia areata di grado severo che però abbiano prima tentato tutti gli altri trattamenti disponibili e che non abbiano ottenuto risultati a lungo termine.
«I farmaci biologici utilizzati per il trattamento di questa forma di alopecia – dice ancora Malagoli – si chiamano Jak inibitori e vanno a bloccare il meccanismo patogenetico che scatena la malattia. Il Baricitinib è già in uso da qualche anno e recentemente ha ottenuto la rimborsabilità, mentre il Ritlecitinib consente di trattare i pazienti a partire dai 12 anni. Si tratta di una novità importante se si pensa che la malattia colpisce soprattutto i più giovani. Sono in fase di studio altre molecole ma che sono sempre dei Jak inibitori. Si tratta di farmaci che vanno assunti a vita e che non hanno effetti collaterali anche se, giusto precisarlo, il paziente viene comunque monitorato durante l’assunzione del trattamento».
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