Il fibroma dell’utero: benigno sì, ma occorre fare attenzione

Parola all’esperto Noto anche con il nome di “mioma”, rappresenta un tipo di lesione molto frequente soprattutto in età fertile. In una piccola percentuale di casi può evolvere in una patologia neoplastica, specie nelle donne in post menopausa

Più conosciuto come fibroma, il mioma è la lesione uterina benigna più frequente nella popolazione femminile in età riproduttiva. Si tratta di una problematica che spesso è asintomatica e che viene diagnosticata casualmente nel corso della visita ginecologica. A volte però questa lesione può manifestarsi con sintomi fastidiosi o essere un cofattore di infertilità, ecco perché in alcuni casi è necessario rimuoverla.

«Il mioma uterino è detto anche leiomioma o fibroma – spiega Matteo Schimberni, ginecologo dell’Irccs Ospedale San Raffaele – e il fatto di avere più nomi spesso confonde le pazienti e alcune di queste si allarmano di fronte alla diagnosi. Quello che va detto però è che si tratta di una lesione benigna molto frequente soprattutto in età fertile».

Si tratta della conseguenza di una proliferazione eccessiva di cellule muscolari lisce e tessuto connettivale dell’utero. Questa neoformazione può variare in numero, dimensione e localizzazione rispetto alla parete del viscere uterino. La prevalenza dei fibromi è solitamente bassa prima dei 20 anni per poi raggiungere il picco tra i 40 e i 50 anni. «Le cause ancora oggi non sono del tutto certe – precisa lo specialista – esistono diverse spiegazioni patogenetiche, ma alla base c’è molto probabilmente uno squilibrio ormonale che va a stimolare questa proliferazione cellulare».

Sottomucoso o intramurale

In base alla localizzazione nell’utero dei fibromi si distinguono: il fibroma sottomucoso, quando lo sviluppo è verso l’interno della cavità uterina, il fibroma intramurale, invece, si forma nello spessore dello strato muscolare dell’utero (miometrio). Il fibroma sottosieroso, infine, si sviluppa verso lo strato più esterno dell’utero.

Nella maggior parte dei casi, come detto, il mioma è asintomatico e viene diagnosticato casualmente in occasione di un controllo di routine dal ginecologo. Esistono casi però in cui il fibroma può manifestarsi. «Tra i sintomi principali – dice ancora il ginecologo – ci sono mestruazioni abbondanti e molto dolorose, infertilità, dolori addominali, sacrali e lombari, gonfiore addominale, stitichezza e disturbi della minzione». Durante la menopausa, la riduzione della stimolazione ormonale determina generalmente la riduzione della crescita dei fibromi e la scomparsa dei tipici disturbi mestruali ed emorragici. Tuttavia, nel caso di fibromi particolarmente voluminosi, alcuni disturbi come dolori addominali, sacrali o lombari, gonfiore addominale, disturbi urinari o intestinali possono persistere anche dopo la menopausa.

La diagnosi avviene attraverso una visita ginecologica con ecografia pelvica transvaginale o transaddominale. Questi accertamenti solitamente sono sufficienti per definire dettagliatamente il numero, la localizzazione, le dimensioni e le caratteristiche dei fibromi. Talvolta, però, possono rendersi necessari ulteriori approfondimenti diagnostici, come la risonanza magnetica della pelvi.

«Nella stragrande maggioranza dei casi – precisa Schimberni – si tratta di lesioni benigne, ma va detto che in una piccola percentuale, circa 0,5-3 per mille, il fibroma può evolvere in una patologia neoplastica. Il principale fattore di rischio è costituito dall’età. Se una paziente in post menopausa con fibromi riferisce dolori e sanguinamenti uterini anomali e l’ecografia dimostra una crescita di queste lesioni, allora bisogna sospettare la possibilità che si stia sviluppando un sarcoma». Lo specialista sottolinea così l’importanza di considerare questa possibilità, sia nella fase diagnostica che al momento del trattamento chirurgico. Oltre a ricordare alle donne in menopausa che i controlli regolari dal ginecologo vanno fatti anche in questa fase della vita.

«Per quanto riguarda il desiderio di maternità – dice ancora il medico – è raro che i fibromi siano considerati unica causa di infertilità ma, in base alle loro dimensioni e alla loro collocazione, possono influire negativamente sulla fertilità della donna e in questi casi può essere indicata l’asportazione chirurgica».

Il trattamento

In generale i miomi che si sviluppano nella porzione esterna dell’utero non causano particolari problemi da un punto di vista riproduttivo. Quando invece i fibromi sono adiacenti alla porzione intrauterina delle tube possono provocare una distorsione anatomica, che determina la chiusura dell’ostio tubarico ostacolando l’incontro tra i gameti. I nodi di mioma sottomucosi, quelli cioè che si sviluppano prevalentemente all’interno della cavità endometriale, e i fibromi intramurali che determinano una distorsione della cavità stessa, possono avere un impatto negativo sull’impianto embrionario. In questi casi è generalmente indicata la loro rimozione chirurgica. I fibromi sottomucosi e quelli che determinano una distorsione della cavità uterina o i fibromi intramurali molto vicini ad essa, inoltre, oltre ad avere un impatto negativo sulle possibilità di concepimento, possono aumentare il rischio di aborto e causare l’insorgenza di alcune complicanze durante la gravidanza: aumentato rischio di rottura prematura delle membrane, di parto pretermine, placentazione anomala e sanguinamento eccessivo al momento del parto. In questo caso, è bene affidarsi al proprio ginecologo per scegliere il trattamento più opportuno.

Il trattamento dei fibromi può rendersi necessario non solo quando c’è il sospetto di una lesione maligna o di una problematica legata alla fertilità, ma anche nel caso in cui la sintomatologia, il numero di miomi e la loro posizione possa far propendere lo specialista per una cura farmacologica o di altro tipo.

«Esistono terapie farmacologiche, chirurgiche e radiologiche interventistiche – spiega Schimberni – e la scelta del trattamento più idoneo dipende da numerosi fattori come l’età della paziente, la sintomatologia, il desiderio di maternità, il numero dei miomi, la loro dimensione e localizzazione. Nel caso di miomi asintomatici generalmente è sufficiente il monitoraggio clinico e strumentale periodico per verificare eventuali modificazioni dimensionali o morfologiche dei fibromi».

Questione di prevenzione

La terapia farmacologica solitamente si rende necessaria per il trattamento dell’anemia provocata dai sanguinamenti abbondanti o come preparazione all’intervento chirurgico. Tra le soluzioni possibili ci sono: l’utilizzo della pillola estro/progestinica, le iniezioni con analoghi del GnRH e i farmaci di ultima generazione che combinano gli antagonisti del GnRH con estroprogestinici.

La terapia chirurgica conservativa prevede l’asportazione del mioma (miomectomia) e può essere effettuata per via isteroscopica, laparoscopica o laparotomica, in base a localizzazione, dimensioni, numero dei fibromi, età della paziente e suo desiderio riproduttivo. L’approccio chirurgico radicale consiste invece nell’asportazione dell’utero (isterectomia) e può essere effettuato per via vaginale, laparoscopica o laparotomica a seconda della storia clinica della paziente e delle dimensioni dell’utero. Questo tipo di intervento è solitamente riservato alle pazienti con desiderio riproduttivo soddisfatto o in età perimenopausale. L’embolizzazione, infine, è una tecnica radiologica interventistica, che consiste nell’occlusione delle arterie che nutrono il fibroma determinandone una riduzione del volume, che solitamente è indicato nelle pazienti che non desiderano sottoporsi all’intervento chirurgico o presentano controindicazioni mediche o anestesiologiche.

«La prevenzione ginecologica– conclude lo specialista – con controlli regolari dal proprio ginecologo si conferma la prima arma in termini di diagnosi precoce e di trattamento delle problematiche dell’apparato genitale e riproduttivo».

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