La “politerapia” e il rischio di assumere troppi farmaci: «Rivalutare le prescrizioni»

Salute I dati dicono che un anziano su tre assume dieci medicinali al giorno, non sempre avendone una reale necessità. Ecco perché è importante rivalutare ciclicamente prescrizioni e dosaggi

Secondo gli ultimi dati diffusi da Aifa, l’Agenzia Italiana del farmaco, almeno un anziano su tre assume dieci farmaci al giorno, ma non sempre con una reale necessità. Un aspetto da non sottovalutare e che deve tenere sempre contro del rischio di interazioni tra questi farmaci. La politerapia è sempre più diffusa tra gli over 80, ecco perché è fondamentale rivalutare nel tempo le prescrizioni, come spiega Fabio Guerini, specialista in geriatria dell’Istituto Clinico Sant’Anna di Brescia.

Dottore, anche nel nostro paese la politerapia è sempre più diffusa nella popolazione anziana. Quali le cause?

La prima cosa da dire è che con l’invecchiamento si associa alla compresenza di patologie multiple nella persona anziana. La politerapia, ovvero l’assunzione di oltre cinque farmaci nell’arco della giornata, spesso va di pari passo proprio con questo aspetto. La letteratura scientifica riporta come a ogni decade di vita si somma in modo proporzionale il numero di malattie co-presenti nella stessa persona e questo porta al sommarsi di più prescrizioni mediche specialistiche.

Di quante malattie stiamo parlano?

Tra gli 80 e i 90 anni oltre il 50% delle persone ha almeno cinque malattie e oltre il 35% ne ha più di sette. E di queste, alcune sono malattie croniche che si protraggono per anni, come le patologie cardiovascolari, il diabete, le malattie respiratorie o tumorali. Questo comporta sempre più visite specialistiche, sempre più terapie, senza che ci sia una revisione critica dei farmaci assunti ogni giorno.

E questo può comportare dei rischi?

I rischi vanno dalle cadute, all’ospedalizzazione fino all’incremento della mortalità.

Ecco perché la comunità scientifica ha ritenuto necessario sensibilizzare la popolazione generale, ma anche i medici stessi, sui possibili rischi?

Diverse società di medici hanno steso, di comune accordo, delle linee guida sulla gestione della politerapia, che siano di riferimento sia per lo specialista che deve prescrivere un nuovo farmaco che per il medico di famiglia che poi prescrive. Il geriatra può essere la figura che faccia da riferimento e collante tra queste figure, tenendo presente che una persona che invecchia vive un cambiamento sia dal punto di vista funzionale che metabolico delle capacità di processare e eliminare le sostanze chimiche che vengono introdotte.

Non è solo un discorso di quali e quanti farmaci, ma anche della dose del singolo farmaco?

Esattamente. I rischi che ho citato prima si verificano perché i farmaci possono interferire tra di loro e alterare alcune funzioni di omeostasi del nostro organismo. Il medico deve mettere in atto una revisione critica dei farmaci sospendendo quelli non necessari, e laddove vadano proseguiti può ridurne il dosaggio. È importante inoltre valutare se il paziente assuma correttamente la terapia nell’arco della giornata o se sia necessario coinvolgere la famiglia o il caregiver. Non è raro, infatti, che l’anziano assuma in modo sbagliato i farmaci o non aderisca alle prescrizioni, e anche questo può comportare dei rischi.

Ma come viene accolta questa revisione delle terapie?

Non sempre il paziente o i familiari accettano con semplicità che ci sia una variazione rispetto a quanto assunto da tempo. Pensiamo, ad esempio, a persone che prendono lo stesso gastroprotettore da 20 anni, non sempre con una reale utilità, che si sentono dire che non è più necessario.

Ma ogni quanto andrebbe fatta questa rivalutazione?

Ogni volta che c’è una nuova prescrizione medica. La cosa migliore sarebbe, in ogni caso, una rivalutazione tra i sei mesi e l’anno.

Quali sono i farmaci che andrebbero revisionati?

Molte terapie vengono correttamente prescritte in una determinata fase della vita per prevenire, a distanza di dieci anni, eventi come ictus e infarto. Tra questi i farmaci ci sono gli antiipertensivi e le statine. Ma quando si superano gli 80 anni questa logica di prevenzione a dieci anni perde di forza. Nel senso che è più alto il rischio che con questi farmaci si possa verificare una ipotensione, quindi un calo di pressione, e una conseguente caduta. Ha più senso così tenere controllata la pressione anche se i livelli possono essere leggermente più alti. Lo stesso vale per i farmaci per il colesterolo, con un rischio di effetti collaterali a livello muscolare. I protettori gastrici, infine, spesso vengono presi solo come protezione da altri farmaci, ma andrebbero assunti a specifico sintomo.

Spesso gli anziani assumo anche farmaci da banco e integratori e non lo comunicano neanche al proprio medico perché sono convinti che non possano fare male... La realtà però è diversa?

Dico sempre ai miei pazienti, quando mi domandano se per l’insonnia o per il colesterolo posso dare loro qualcosa di naturale, di fare attenzione. Anche un integratore, infatti, una volta metabolizzato nell’organismo si trasforma e sfrutta l’effetto chimico del prodotto di cui è composto. In sostanza, l’efficacia dei fitofarmaci si basa comunque su una interazione chimica nel nostro organismo. Ecco perché va sempre comunicata l’assunzione di questi prodotti in corso di rivalutazione terapeutica. Tanto più se parliamo di persone anziane socialmente fragili nelle quali va considerato anche un risvolto economico di alcune scelte terapeutiche.

Le persone anziane in politerapia non sempre si spostano o viaggiano con la famiglia. Può capitare così, mentre sono soli, che abbiano bisogno di cure urgenti e non sempre siano in grado di riportare con precisione i farmaci assunti. Ci può dare qualche consiglio utile su come aiutarli?

Viviamo in un’epoca in cui i cellulari sono nella tasca di tutti, quindi, spesso io chiedo ai familiari di porre tutti i farmaci assunti dall’anziano su un tavolo e di scattare una fotografia. Questa può essere facilmente recuperata, oppure stampata e inserita nel portafogli del paziente, in modo che, in caso di necessità, il medico riesca a individuare le terapie in corso e desumerne le patologie.

Qualche altro consiglio?

I familiari dovrebbero tenere un documento nel pc con tutti i farmaci, i dosaggi e le modalità di assunzione, da tenere aggiornato, stampato e appeso in casa. Andrebbero aggiunte anche eventuali allergie che, nel caso di un eccesso in pronto soccorso, possono fornire informazioni molto utili.

Ma a che età ci si rivolge oggi al geriatra?

Non è tanto l’età che porta il paziente dallo specialista ma spesso una situazione di cronicità di più malattie che necessita di un parere unificante. Sempre più spesso oggi si rivolgono al geriatra persone tra i 65 e i 70 anni che vogliono avere un parere dal punto di vista cognitivo. Va detto che spesso, al termine della vita lavorativa, si assiste ai primi segnali affettivi a cui spesso si associano problemi motori e della sfera cognitiva.

Quali aspetti vanno tenuti in considerazione quando si parla di invecchiamento?

Sempre più patologie croniche (cardiache, motorie, cognitive e la sarcopenia) trovano oggi dei meccanismi di insorgenza comuni connessi all’infiammazione cellulare ed a meccanismi metabolici ossidativi, che si instaurano fin dall’età adulta. Ormai numerosi studi hanno dimostrato che per ridurre l’impatto di questi cambiamenti l’alimentazione (dieta mediterranea) e una vita attiva possono contribuire in modo importante ad una prevenzione di tali eventi. Oggi, infatti, è sempre maggiore l’attenzione per un invecchiamento in salute più che di un mero allungamento della vita.

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