L’allattamento al seno? Fa bene anche alle mamme

Maternità All’ospedale Valduce un progetto che ha lo scopo di favorire una pratica che aiuta a prevenire le malattie. Secondo l’Oms la sua diffusione potrebbe evitare ogni anno nel mondo la morte di 1,4 milioni di bambini

Il latte materno ha numerose proprietà, consente di favorire un corretto sviluppo del bambino e di proteggerlo da molte malattie, ma i benefici sono anche per la mamma, in quanto, allattare riduce il rischio di malattie cardiocircolatorie e di alcune forme di tumore al seno, all’endometrio e all’ovaio. L’Oms, inoltre, considera l’allattamento uno degli obiettivi prioritari di salute pubblica a livello mondiale.

All’ospedale Valduce di Como da alcuni anni è stato avviato un progetto che ha consentito di incentivare l’allattamento, soprattutto sul lungo termine, sostenendo le neomamme anche una volta dimesse dalla struttura sanitaria. Ne abbiamo parlato con Roberto Consonni, responsabile dell’Ostetricia Ginecologia e Daniele Merazzi, responsabile della Neonatologia e Capo Dipartimento Materno Infantile.

«Questo progetto nasce qualche anno fa con l’obiettivo di incentivare l’allattamento – spiega Roberto Consonni, ginecologo – ma anche per accudire le neomamme e i loro bambini nelle settimane successive la dimissione. Non bisogna mai dimenticare, infatti, tutti i risvolti che entrano in gioco quando una donna diventa mamma, compresi quelli psicologici». Oggi, come spiega lo specialista, le donne che scelgono di diventare mamme sono meno rispetto al passato, l’età di concepimento del primo figlio si è alzata e conciliare il ruolo di madre con l’attività lavorativa non è sempre facile.

Composizione e contenuto

«Non sempre c’è una rete familiare di supporto – aggiunge Consonni – e grazie a questa iniziativa le mamme possono contare su un aiuto pratico ma anche sull’empatia, grazie alle nostre ostetriche. Si tratta di professioniste sempre più preparate, anche sui possibili problemi legati all’allattamento, che affiancano la donna già prima del parto fornendole consigli pratici e supporto morale». Il progetto del Valduce, infatti, prevede la possibilità di restare in contatto con le ostetriche anche dopo il parto, sia attraverso incontri in ospedale, ma anche con videochiamate e sostegno al domicilio. Un modo, questo, anche per intercettare bisogni e problematiche che richiedono una visita specialista. Questo grazie anche alla rete di consultori legati alla struttura sanitaria a Como, Cantù, Erba e Menaggio.

A questo si aggiunge anche l’impegno del personale del nido (puericultrici e infermiere) coinvolto nel sostegno mamme-neonati. Nei mesi che precedono il parto, inoltre, le donne vengono informate su altre tematiche legate alla gravidanza come la possibilità della vaccinazione trivalente, ma anche di quella antinfluenzale, che consentono di proteggere non solo la mamma, ma anche il nuovo nascituro, grazie a una immunizzazione “passiva”.

«L’allattamento è un percorso socio-culturale, non c’è mammifero che non venga allattato dalla propria mamma per la sopravvivenza – prosegue il neonatologo Daniele Merazzi -, oltre a tutti i vantaggi già noti, è utile ricordare che il latte materno di quella mamma per quel bambino, non è solo specifico ma è “epigeneticamente” specifico, in quanto ha un patrimonio che è tipico solo di quella donna. Non bisogna dimenticare, infine, che questo nutrimento è anche economicamente vantaggioso». Il latte materno si modifica, poppata dopo poppata, in composizione e in contenuto, ma le mamme devono sapere che non ci sono controindicazioni dal punto di vista alimentare. Da sfatare così i falsi miti che riportano di cibi che fanno aumentare o ridurre il latte o che alterano il sapore dello stesso. Da evitare, invece, in modo assoluto il consumo di alcolici e il fumo di sigaretta.

L’Oms raccomanda l’allattamento in maniera esclusiva fino al compimento del sesto mese di vita (complementare fino anche a 2 anni), ma non sempre questo avviene. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto come obiettivi a livello mondiale il 50% di allattamento esclusivo nei primi tre mesi e del 30% a sei mesi. «Grazie al progetto avviato – conferma Merazzi – le mamme prese in carico al Valduce hanno aumentato l’allattamento in tutte le fasi, siamo molto soddisfatti e questo ci conferma che l’impegno e la costanza portano a dei risultati, ma serve un maggiore sforzo di tutti, professionisti sanitari e intera società, nel voler sostenere le mamme che allattano».

Parlando di dati prendendo in esame la coorte nascita nel nostro Paese la percentuale di allattamento esclusivo alla dimissione dall’ospedale è del 71%, del 65% a un mese, ma la percentuale scende al 30% a sei mesi. Guardando alla regione Toscana, tra le più virtuose, i dati sono di 75,2% alla dimissione, 61,5% a tre mesi e 14,7% a sei mesi. I numeri del Valduce al 2024 vedono una percentuale del 77,5% alla dimissione, del 64% a tre mesi e 48,7% a sei mesi.

Uno sforzo culturale

«Le difficoltà all’allattamento al seno – aggiungono ancora i due specialisti – riguardano principalmente le primipare, le donne che, invece, hanno già avuto figli sono più predisposte ma anche loro, con il passare dei mesi, tendono a perdere questa abitudine. Questo significa che c’è qualcosa nell’ambito della quotidianità che interferisce, nonostante ci siano indicazioni da parte dell’Oms e di diverse istituzioni a facilitare l’allattamento. Serve così uno sforzo culturale, magari allungando il congedo di maternità e predisponendo più spazi comuni per poter allattare».

L’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dell’infanzia, ricorda che la diffusione dell’allattamento potrebbe evitare ogni anno nel mondo la morte di 1,4 milioni di bambini.

«Parlando di dati – precisa Consonni – è chiaro che bisogna tenere in considerazione il fatto che è cambiato il paradigma della maternità. Oggi le donne sempre meno scelgono di diventare mamme e chi decide di esserlo lo fa sempre più tardi. Quindi, difficilmente nei prossimi anni vedremo aumentare i dati relativi all’allattamento per un incremento di nuovi nati, quello che auspichiamo, come detto, è che le neomamme proseguano con questo gesto nel tempo».

Il contatto pelle a pelle

Ma quanto conta per questo obiettivo aiutare la donna a ottenere un corretto attacco al seno già nelle prime poppate? «Fornire gli strumenti tecnici alla neomamma, soprattutto quando si tratta del primo figlio, è fondamentale – conferma Merazzi – le evidenze scientifiche, inoltre, hanno dimostrato come il contatto pelle a pelle tra la mamma e il bimbo nelle prime due ore dopo il parto, consente di creare relazioni emotive e biologiche che possono favorire il processo di allattamento, che può iniziare più facilmente e avere più successo. La prima poppata avviene tra la sesta e la dodicesima ora e l’osservazione da parte delle ostetriche permette, laddove necessario, di aiutare tecnicamente le neomamme al fine di creare un’esperienza positiva che favorisce la potenzialità di proseguire il più a lungo l’allattamento nel tempo».

Il contatto pelle a pelle viene favorito anche nelle donne che sono sottoposte a parto cesareo. In questi casi, inoltre, in attesa del rientro della mamma in stanza, il nuovo nato viene affidato al papà che può, a sua volta, mettere in atto questo contatto e avvicinarsi al proprio piccolo.

In chiusura utile citare anche l’esistenza nel nostro Paese delle Banche del Latte Umano Donato. «Si tratta di un patrimonio fondamentale per neonati particolarmente fragili – conclude Merazzi - ma oggi, anche per i bambini estremamente prematuri, grazie a tutte le tecniche moderne disponibili, le mamme riescono a produrre latte sufficiente anche in queste situazioni. Il latte di banca è destinato a casi selezionati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA