Ossa, muscoli e cervello. La terza età? Non esiste più

Noi e il tempo Oggi non sono più i nostri anni a identificare la vecchiaia. Per la medicina è soprattutto un fatto di modificazioni neuromuscolari

Non più terza età ma età adulta. Il passare del tempo oggi ha una nuova definizione. Il benessere degli anziani, inoltre, passa da due fattori fondamentali: autonomia e fragilità fisica-cognitiva.

«Oggi si parla di età adulta fino ai 60 anni – spiega Angelo Bianchetti, geriatra e responsabile del dipartimento Medico Riabilitativo dell’Istituto Clinico S. Anna di Brescia - di età adulta avanzata tra i 61 e i 74 anni, anzianità tra i 75 e 84 anni e di grandi anziani oltre gli 85 anni. Oggi si tende a utilizzare anche un ulteriore gruppo, cioè quella dei centenari».

Ciò che definisce l’avanzare dell’età, inoltre, non è solo ed esclusivamente l’aspetto anagrafico, e quindi il tempo che passa, ma le modificazioni che si presentano dal punto di vita neuromuscolare, cioè e le ricadute in termini di capacità di svolgere attività fisiche o e a livello cognitivo.

Un vaso di cristallo

«Oggi sappiamo – prosegue il geriatra – che tra gli aspetti fondamentali nell’anziano ci sono la capacità di deambulare correttamente e la forza muscolare. Altro elemento che viene preso in considerazione è la presenza di malattie e il loro impatto sull’autonomia e sulla qualità vita della persona».

Come spiega lo specialista, infatti, è molto difficile oggi trovare una persona anziana che non abbia almeno una o più patologie. «Pensiamo, ad esempio – dice il medico – a alterazioni biologiche come il colesterolo alto, oppure l’alterazione di funzioni come la pressione arteriosa e quindi l’ipertensione, metaboliche come il diabete o alterazioni degenerative come l’artrosi». Più l’età avanza, insomma, più le malattie si manifestano, ma è importante comprendere il loro impatto sull’autonomia della persona. «Indicatore di salute è anche la fragilità – spiega ancora Bianchetti –, pensiamo a un oggetto come un vaso di cristallo che è molto bello ma se cade si rompe facilmente. Un individuo fragile è una persona che va incontro a scompensi o alterazioni di fronte a degli stress anche di limitata entità». Lo specialista fa l’esempio di un 85enne autonomo che cammina bene e che per uno stress banale, come un’infezione delle vie urinarie associata a febbre, va incontro a confusione, difficoltà ad alzarsi. «Questo accade non perché l’infezione è grave – sottolinea – ma perché la persona è fragile».

Un’attenta anamnesi permette così al medico di individuare non tanto l’età anagrafica del paziente ma quella biologica. «Senza dubbio – dice il geriatra – la valutazione passa anche dall’inquadramento delle malattie e dall’impatto che queste hanno sulla persona, come un’insufficienza renale o un’infiammazione cronica, ma vengono anche valutati i farmaci che vengono assunti in quanto la multiterapia, cioè l’assumere più farmaci, è un fattore di rischio».

Peso e massa muscolare

Altri aspetti importanti, come detto, sono la perdita di peso e di massa muscolare (la sarcopenia). «Nell’idea comune – precisa Bianchetti – bisogna contrastare l’obesità, che è un concetto giustissimo. Ma nell’anziano è molto importante prestare attenzione al calo non intenzionale di peso e di massa muscolare che sono condizioni di fragilità».

La forza nel paziente anziano viene misurata grazie a dei test con dei dinamometri, ma esistono anche dei test funzionali che consentono di osservare la velocità di camminamento della persona. Una riduzione della velocità di cammino, infatti, si associa una condizione di fragilità.

«Durante la valutazione – precisa lo specialista - andiamo a vedere anche la capacità a svolgere funzioni poco complesse, come fare le scale, poi l’esauribilità e cioè la facilità con cui una persona si stanca di fare le cose. Non solo fragilità fisica, è importante anche intercettare una fragilità cognitiva attraverso test specifici».

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