Patologie e malformazioni dell’utero: con l’isteroscopia è possibile proteggerlo

Ginecologia L’esame consente di controllare la cavità uterina. Nella maggior parte dei casi l’esame ha una durata fra i 20 ed i 40 secondi

L’isteroscopia è una tecnica endoscopica mini-invasiva che consente di diagnosticare e curare alcune condizioni patologiche della cavità uterina. Può essere impiegata sia in età fertile che dopo la menopausa.

«L’isteroscopia diagnostica – spiega Raffaele Ricciardi, ginecologo e responsabile Isteroscopia diagnostica e operativa del Policlinico Abano di Abano Terme - è un esame ambulatoriale che permette di studiare visivamente l’interno della naturale cavità uterina per diagnosticare anomalie ed alterazioni della sua anatomia e fisiologia».

Questa tecnica, che può essere impiegata in tutte le fasi della vita della donna, dalla pubertà alla post-menopausa, si utilizza quando si presentano alterazioni del ciclo mestruale e sanguinamenti anomali. È indicata anche per la diagnosi di malformazioni congenite uterine e per la corretta diagnosi di anomalie delle pareti e dello strato interno dell’utero, come polipi, fibromi, ispessimenti endometriali fino ai tumori dell’endometrio, patologie solo sospettate durante l’esecuzione di altri esami come ecografia, Tac e Risonanza Magnetica.

«L’ecografia è infatti – prosegue lo specialista - un esame che permette solo di sospettare alterazioni o malattie all’interno della cavità uterina, mentre l’isteroscopia permette di accertarle direttamente, “de visu”, e permette anche il prelievo di materiale per un eventuale esame istologico, se necessario».

L’esame viene, infatti, eseguito con sottilissime fibre ottiche collegate ad una telecamera e a un monitor video. Lo spessore delle fibre ottiche può variare dai due ai cinque millimetri. «Questi sottili strumenti – prosegue Ricciardi - sono introdotti all’interno della vagina dirigendoli, sempre sotto il diretto controllo visivo attraverso la giusta strada, fino all’interno della cavità uterina che può essere in tal modo esplorata».

«L’esecuzione dell’esame – dice ancora - presuppone anche una moderata e momentanea distensione delle pareti uterine, normalmente appoggiate una all’altra, come avviene con un palloncino sgonfio, che viene eseguita con soluzione fisiologica».

Nella maggior parte dei casi, l’80% circa, l’esame ha una durata fra i 20 ed i 40 secondi.

Si tratta di un esame doloroso? «La premessa fondamentale – precisa il medico - è che l’esame deve essere eseguito sempre e necessariamente sotto il diretto controllo visivo e con lo strumento più adeguato ad ogni singola paziente. Solo in tal modo possono essere evitati inutili e dolorosi traumatismi ai tessuti del canale cervicale». In caso di ostacoli difficilmente superabili in breve tempo ed in maniera non traumatica, lo specialista deve sospendere l’esecuzione ambulatoriale dell’esame che viene riprogrammato in sedazione o anestesia paracervicale.

«Va detto che queste condizioni – spiega Ricciardi - si presentano in una percentuale inferiore al 5% dei casi. Gli unici fastidi che la paziente può avvertire sono rappresentati da una sensazione, momentanea, lievemente crampiforme come durante il ciclo mestruale, legata alla distensione della cavità uterina».

In circa il 10% dei casi può comparire una sensazione di fitta interna, della durata di uno o due secondi, legata al superamento del tratto più ristretto del canale cervicale. Dopo l’esecuzione dell’esame, a seguito di un paio di minuti di attesa per verificare la possibile presenza di qualsiasi sintomatologia, la paziente può autonomamente alzarsi dal lettino. Piccoli sanguinamenti in alcuni casi possono persistere anche per alcune ore dopo l’esame.

«Il grado di fastidio avvertibile – dice ancora lo specialista - dipende anche dallo stato d’animo e dal grado di tollerabilità della paziente. Nel 2% dei casi, a causa di una mal disposizione o intolleranza da parte della paziente, l’esame deve essere programmato in sedazione».

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