Pavimento pelvico, l’attività sportiva
può provocare danni

Il disturbo L’esercizio fisico non è sempre utile. Molte atlete si ritrovano costrette a rinunciare.A rischio pallavolo, crossfit e ginnastica artistica

L’attività fisica e il movimento sono importanti per la salute. Quando però si parla di sport è sempre importante tenere presente lo stato del proprio pavimento pelvico. Alcune discipline, infatti, possono migliorare questa particolare area del corpo, ma altre potrebbero, invece, peggiorarne le condizioni.

Non sempre, infatti, l’esercizio fisico è la causa o la soluzione della presenza di disfunzioni del pavimento pelvico. «Il pavimento pelvico – spiega Martina Monzio Compagnoni, fisioterapista pelvi-perineale presso l’Unità Operativa di Proctologia e Chirurgia del Pavimento Pelvico all’Istituto di Cura Città di Pavia - è una struttura muscolare-legamentosa che chiude dal basso la cavità addominale e pelvica. Non si tratta di un unico muscolo, ma di un insieme di muscoli, che soddisfano diverse funzioni come il sostegno antigravitario degli organi pelvici, la continenza urinaria e fecale, il contrasto alle pressioni endoaddominali che si manifestano durante gli sforzi, e la stabilità del Core».

È importante ricordare che le problematiche pelviche colpiscono in Italia più di 4 milioni di persone, la maggior parte delle quali di sesso femminile. La popolazione femminile è maggiormente coinvolta proprio per l’anatomia della donna stessa che è un fattore di rischio per il cedimento tissutale della zona pelvica, così come per la carenza di estrogeni dopo la menopausa che contribuisce a sua volta a questo cedimento. Tra le patologie più frequenti nelle donne ci sono così l’incontinenza urinaria e il prolasso degli organi pelvici. In generale le problematiche pelviche possono essere di natura urologica, ginecologica, colonproctologica, andrologica, addominale, sessuale, legate al dolore pelvico o lombare acuto e cronico.

«Per le donne che hanno un pavimento pelvico in salute – prosegue Monzio Compagnoni - lo svolgere attività sportiva non influenza negativamente sulla funzionalità perineale, anzi. Per quelle che, invece, presentano una disfunzione del pavimento pelvico, l’esercizio fisico intenso ed eseguito scorrettamente può risultare deleterio e peggiorativo nel tempo». Come già accennato, la letteratura dimostra come le atlete donna hanno una maggiore possibilità di sviluppare disfunzioni del pavimento pelvico rispetto agli atleti uomini e rispetto alle donne che non praticano sport a livello professionistico. Circa una donna su tre del mondo dello sport soffre di incontinenza urinaria e, spesso, questo porta l’atleta a dover abbandonare la carriera sportiva prematuramente o a doversi attrezzare con presidi per assorbire le perdite. Inoltre, possono risultare maggiormente frequenti nella donna sportiva anche un’aumentata frequenza di: infezioni urinarie, stitichezza e dolore pelvico.

Studi clinici dimostrano che vi è una certa correlazione tra la pratica sportiva non adeguatamente svolta e la possibilità di peggiorare la patologia a carico del pavimento pelvico. «Esistono sport che più di altri – aggiunge la fisioterapista pelvi-perineale - possono indebolire o compromettere la funzionalità dei muscoli pelvici, ma in assoluto non vi è una regola generale, bisogna sempre valutare da caso a caso»

In linea generale è comunque possibile stilare un elenco di massima sugli sport più o meno indicati per chi soffre di problematiche pelviche. Tra gli sport più a rischio vi sono quelli definiti “ad alto impatto”, come la pallavolo, alcune discipline dell’atletica, la pesistica, il crossfit, la ginnastica artistica, la danza classica e più in generale, ogni attività sportiva che comporti il ripetuto crearsi di un’aumentata pressione interna all’addome. Gli sport citati, infatti, praticati nel tempo, laddove non vi sia un corretto uso della muscolatura del pavimento pelvico che ne garantisca l’adeguato supporto, possono affaticare i muscoli pelvici e fungere da fattori di rischio per lo sviluppo di condizioni patologiche.

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