Quando l’estate genera ansia, paura e stress

L’intervista Non sempre le vacanze coincidono con un momento di relax. Lo psicologo Davide Carlotta: «Ecco perché contano percorsi di mindfulness»

L’estate per alcune persone può essere un momento vissuto con ansia. Le motivazioni possono essere differenti ma ciò che accomuna chi soffre di “mal d’estate” è un senso di angoscia, un tono dell’umore deflesso e una maggiore irritabilità. Abbiamo cercato di capire perché questo può accadere con Davide Carlotta, docente alla Scuola di specializzazione in Psicologia Clinica dell’Università Vita-Salute San Raffaele e psicologo del Servizio di Psicologia Clinica dell’Irccs Ospedale San Raffaele Turro a Milano.

Dottore alcune persone in questo periodo dell’anno, soprattutto all’arrivo delle vacanze, manifestano ansia e sensazioni negative, invece che vivere con serenità un momento di relax. Ma perché questo accade?

Molto dipende dalle caratteristiche delle singole persone. Il range di motivazioni per cui, durante il periodo estivo, si può verificare la comparsa o un’accentuazione di problematiche ansiose è altamente variabile.

Il clima può essere un fattore?

Possono esserci dei motivi fisiologici, in quanto il clima estivo pone alcune sfide all’organismo, per esempio, a causa dell’allungarsi delle giornate o per l’innalzamento delle temperature. Una persona può avere delle difficoltà ad abituarsi a questo clima, soprattutto se il cambiamento è repentino, e manifestare problematiche quali difficoltà di addormentamento, o con il sonno in generale, stanchezza, irritabilità e anche sintomatologie simil ansiose.

Può influire anche il cambiamento delle abitudini quotidiane?

Sì, l’estate spesso comporta un cambiamento della propria routine e questo può portare a instabilità emotiva. Pensiamo, ad esempio, a quelle persone usano il lavoro per tenersi impegnati e distrarsi dall’affrontare qualcosa dentro di sé con cui non vogliono vuole entrare in contatto. In questi casi, trovarsi costretti a vacanze forzate può far nascere situazioni di profondo malessere.

Per alcune persone l’idea del viaggio, seppur verso località bellissime, è motivo di ansia. Perché?

L’idea della partenza può generare timori nelle persone per una pluralità di ragioni. In alcuni casi, la preoccupazione è dovuta al passaggio da un contesto familiare, che si percepisce sotto il proprio controllo, a un altro dove non si sa come comportarsi. In altri casi, al contrario, il timore potrebbe essere quello che possa succedere qualcosa di imprevisto a casa mentre si è via, per esempio a un proprio caro, e quindi di non essere abbastanza vicino da poter fare qualcosa nell’immediato.

Ci sono anche vacanzieri che vivono con il timore di stare male e di non avere un ospedale vicino. In questi casi, quando i sintomi non sono patologici, cosa fare?

Senza dubbio una delle cause di preoccupazione può essere la salute fisica. Alcune persone possono trovarsi anche nel resort più affascinante del mondo ma, se questo si trova in una località remota, avranno la costante preoccupazione di non avere un pronto soccorso vicino o di dover per forza prendere un aereo o una barca per poter arrivare a un ospedale. In sostanza una location per alcuni idilliaca per altri può risultare spaventosa. In questi casi, se non si vuole limitare le vacanze a località “familiari”, si può provare a delineare in anticipo quali strategie adottare in caso di emergenza, così da vivere le giornate con un minor senso di apprensione.

Molte statistiche rivelano che nonostante il periodo estivo sono molti gli italiani che lavorano anche dalle località di vacanza, approfittando dello smart working. Questo può essere comunque motivo di ansia?

Lavorare dalle località di vacanza può essere per molti una fonte di frustrazione, oltre che una causa di attriti con chi accompagna queste persone durante il viaggio. Per questo motivo, è importante gestire nel modo migliore una simile eventualità. Un conto, infatti, è ricevere una chiamata di lavoro inattesa, doversi assentare dalla famiglia o dagli amici, e riapparire molto tempo dopo, magari irritati. Questo può senza dubbio essere fonte di disagio per chi resta ad aspettare. Un altro, invece, è premettere prima della partenza che sarà una vacanza ma che ci saranno anche momenti di lavoro e quindi delle interferenze.

Molte persone arrivano al momento delle vacanze con un importante carico mentale ed emotivo. Vivono così il relax, comunque, con ansia e con eccessiva stanchezza, ma anche con la consapevolezza che qualcosa va cambiato e si avvicinano a discipline orientali, come yoga o tai chi, oppure alla mindfulness. Si tratta di abitudini corrette?

È sempre un buon momento per avvicinarsi a qualcosa che ha l’obiettivo di aiutare a raggiungere un benessere fisico e mentale.

La mindfulness, in particolare, è molto utile quando si parla di consapevolezza?

Assolutamente. Quello di mindfulness è un concetto complesso, che definisce in primis uno stato mentale. Ha a che fare con il prestare attenzione, intenzionalmente, a ciò che succede nel presente. Le discipline di mindfulness hanno origine da alcune pratiche di meditazione orientali, ma negli anni sono state ampiamente adottate anche in occidente. Esistono diverse pratiche per coltivare questa abilità: le più “informali”, prevedono di concentrare l’attenzione su qualcosa, come ad esempio il respiro, osservare quando la nostra mente si distrae per rivolgersi ad altro, come pensieri o sensazioni fisiche, e riportare gentilmente l’attenzione al punto di partenza.

In sostanza concentrarsi sul momento può aiutare a vivere meglio?

Le persone sono spesso concentrate sul futuro, e quindi su progetti e obiettivi, oppure a rimuginare sul passato. Non dico che pensare al futuro sia un’abitudine sbagliata, ma è altrettanto importante vivere il momento, concentrarsi su quello che si sta facendo e a come ci si sente. Le faccio un esempio banale: mangiare una pizza mentre si guarda la tv. Svolgendo queste azioni contemporaneamente sarà molto più difficile riuscire ad apprezzarle pienamente.

Più tempo libero però può anche significare più tempo per fare cose che ci piacciono o cose diverse dal solito?

In una prospettiva ottimistica sì, ma non è così scontato che si acquisiscano delle buone abitudini durante le vacanze. Anche in questo caso è sempre l’approccio e l’atteggiamento del singolo che fa la differenza. Per molti la vacanza peggiora le abitudini, si mangia in modo disordinato, si dorme meno, si fa meno attività fisica. In altri casi si vive la vacanza come se si dovesse recuperare tutto il tempo perso con il risultato che si rientra a casa più stanchi di prima.

Cosa fare allora?

Piuttosto che vivere la vacanza come il momento per iniziare a pensare al proprio benessere, si può provare, nel resto dell’anno, a coltivare la consapevolezza che, nonostante gli impegni e le routine, sia possibile fare qualcosa per se stessi. È possibile migliorare le proprie abitudini. In sostanza serve mettere in atto un cambio di paradigma, magari inserendo anche dei piccoli momenti di “break” durante l’anno e pianificando al meglio gli obiettivi lavorativi, per arrivare alla vacanza meno carichi mentalmente e godere della vacanza avendo in testa solo la vacanza».

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