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Mercoledì 28 Dicembre 2022
Tumori al polmone: mortalità in aumento ma nascono metodi di cura innovativi
Approfondimento Farmaci a bersaglio molecolare e immunoterapia rappresentano importanti “rivoluzioni” in ambito terapeutico : «Negli ultimi dieci anni la strategia per i pazienti oncologici in stadio avanzato è molto cambiata, in meglio»
Nel 2020 sono state circa 41mila le nuove diagnosi di tumore al polmone e 34mila i decessi relativi a questa malattia. Rispetto ad altri tumori, dove gli andamenti di mortalità sono quasi tutti favorevoli, per questa neoplasia risultano essere in aumento (+5%), in particolare nella popolazione femminile. L’immunoterapia, le terapie a bersaglio molecolare e la chirurgia robotica sono importanti armi per contrastare gli effetti di questa malattia.
Il fumo di tabacco rappresenta il principale fattore di rischio ed è associato a circa un tumore su tre. Non solo per il polmone, questa cattiva abitudine è responsabile dell’insorgenza di oltre quindici tipi di tumore e tra questi: cervice, colon-retto, rene, laringe, fegato, polmone, cavità nasali e seni paranasali, esofago, cavo orale, ovaio, pancreas, faringe, stomaco, uretere, vescica.
La strategia terapeutica
«Purtroppo oggi solo una percentuale limitata di casi di tumore polmonare – spiega Alessandra Bulotta, oncologa Irccs Ospedale San Raffaele - viene diagnosticata in stadio iniziale. Fortunatamente negli ultimi dieci anni la strategia terapeutica, e quindi le armi a nostra disposizione per i pazienti affetti da tumore in stadio avanzato, è cambiata in meglio. Infatti, fino a qualche anno fa la chemioterapia rappresentava l’unica opzione possibile con risultati del tutto insoddisfacenti, oggi stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione».
Le due importanti “rivoluzioni” in ambito terapeutico oncologico sono rappresentate dai farmaci a bersaglio molecolare e dall’immunoterapia. «Il tumore polmonare più frequente – prosegue Bulotta - è il tumore non a piccole cellule. Alcuni farmaci a bersaglio molecolare hanno dimostrato di essere superiori alla chemioterapia come trattamento di prima scelta, nei casi in cui il tumore presenti quelle specifiche alterazioni genetiche». Le analisi molecolari sono proprio mirate a identificare tali alterazioni, conoscerne il loro stato è fondamentale al momento della diagnosi, proprio per la scelta terapeutica di ciascun paziente. I geni coinvolti nell’insorgenza del tumore al polmone e il conseguente numero di farmaci a bersaglio molecolare a disposizione contro questi geni alterati, va aumentando negli anni.
«L’altra strategia terapeutica innovativa – dice ancora- ormai entrata nella pratica clinica, è l’utilizzo dell’immunoterapia di cui si sente ormai parlare in molti tipi di tumore. Si tratta di farmaci somministrati per via endovenosa che vanno a stimolare il nostro sistema immunitario contro la malattia». Negli ultimi anni importanti risultati sono stati ottenuti con la combinazione di chemioterapia e immunoterapia. «Da poche settimane – aggiunge l’oncologa - questi farmaci innovativi hanno guadagnato un ruolo importante anche nel trattamento degli stadi precoci, da impiegare primo o dopo l’intervento chirurgico, allo scopo di aumentare le possibilità di guarigione o ridurre il rischio di recidiva».
Un discorso a parte merita il tumore polmonare a piccole cellule, tumore caratterizzato da un comportamento biologico e clinico estremamente aggressivo. Per decenni non si è registrato nessun progresso nel trattamento di questo tipo di tumore, essendo la chemioterapia l’unica opzione farmacologica efficace. «Da poco più di un anno - conclude Bulotta - risultati, seppur non ancora soddisfacenti, sono stati ottenuti con l’aggiunta anche in questi pazienti dell’immunoterapia alla chemioterapia standard, anche se il vantaggio al momento sembra ancora non essere così soddisfacente in termini di ottenimento di un controllo duraturo di malattia».
Novità importanti negli ultimi anni sono arrivate anche dalla chirurgia robotica, oggi impiegata anche nei casi più gravi. «Negli ultimi vent’anni la chirurgia toracica si è molto evoluta – conferma Giulia Veronesi, direttrice del programma strategico di Chirurgia Robotica Toracica Irccs Ospedale San Raffaele – passando da tecniche “aperte” e quindi la toracotomia tradizionale a soluzioni sempre più mininvasive».
Tecniche mininvasive
Oltre alla toracoscopia, infatti, che però ha dimostrato alcuni limiti legati alla rigidità degli strumenti operatori, si è sviluppata sempre più la chirurgia mininvasiva robotica. «Il robot – prosegue la professoressa – ha permesso di unire i vantaggi della chirurgia toracoscopica a quelli della chirurgia aperta. Oggi utilizziamo il robot Da Vinci per l’80% delle patologie toraciche e abbiamo sviluppato due aree principali oltre alle procedure standard come la lobectomia. Una è la tecnica robotica per le segmentectomie e l’altra è la procedura per tumori localmente avanzati». La segmentectomia è una procedura che oggi, nei tumori al di sotto dei due centimetri, proprio grazie al robot, permette di eliminare il tumore salvando però il lobo polmonare, quindi risparmiando la maggior parte del tessuto sano. In due/tre giorni il paziente può tornare a casa con rapida ripresa delle sue attività e questo è un aspetto molto importante in termini di qualità di vita.
«Altro aspetto innovativo – prosegue Veronesi – è la possibilità di intervenire chirurgicamente con tecniche mininvasive anche a casi più avanzati, con asportazione radicale dei linfonodi ilari e mediastinici, anche dopo un trattamento con immunoterapia e/o chemioterapia. Negli ultimi anni abbiamo applicato la chirurgia robotica a casi più complessi ed è possibile eseguire resezioni avanzate come asportazione del lobo con parete toracica, ricostruzioni delle vie aeree con le broncoplastiche, asportazione del polmone con isolamento intrapericardico dei vasi ». La conferma della validità della robotica è arrivata anche da uno studio randomizzato tra chirurgia robotica e toracoscopia per il tumore del polmone che ha dimostrato come il robot permette di essere più radicali nell’asportazione dei linfonodi. «Nell’ambito delle segmentectomie – aggiunge la professoressa – abbiamo introdotto anche una tecnica che permette, attraverso la somministrazione al paziente di uno speciale colorante e la visione a infrarossi di cui il robot è dotato, di identificare il piano segmentale su cui intervenire».
Ricerca e prevenzione
La ricerca, come confermato dalle esperte del San Raffaele, prosegue ma la prevenzione resta fondamentale. Al San Raffaele esiste un programma di ricerca e prevenzione, accessibile gratuitamente, per chi rientra nei parametri a rischio: forte fumatore sopra i 50 anni o ex forte fumatore sopra i 50 anni che abbia smesso di fumare da meno di 15 anni. Per informazioni: [email protected].
«La Tac di screening – precisa Veronesi – è un esame a basso dosaggio di radiazioni, quindi è sicura, ma permette di identificare tumori polmonari di piccole dimensioni. È importante, infatti, identificare il tumore prima che compaiano i sintomi. Dobbiamo pensare che circa due fumatori su cento sopra i 50 anni hanno un tumore al polmone che non sanno di avere perché asintomatico».
Tornando alle terapie, al San Raffaele per pazienti selezionati c’è la possibilità di essere sottoposti a trattamenti innovativi per i quali l’accesso è attualmente solo ad uso nominale (cioè richiesto nominalmente per il paziente alla casa farmaceutica) oppure all’interno di trial clinici (farmaci che entreranno nella pratica clinica nel nostro paese solo dopo anni rispetto ad altri paesi o ai comprovati risultati degli studi condotti a livello internazionale).
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