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Mercoledì 11 Gennaio 2023
Vi è mai capitato di alzarvi dal letto e vedere tutto girare? È vertigine parossistica, colpa di un “sassolino”
Approfondimento Un errore pensare che si tratti di cervicalgia. «È un disturbo benigno provocato dal distacco di alcuni frammenti definiti “otoliti”. Può dare nausea e vomito»
Un disturbo comune che causa episodi di vertigini in risposta ad alcuni movimenti del capo. La vertigine parossistica posizionale è una problematica benigna che però può dare disturbi anche molto fastidiosi, ma che fortunatamente solitamente tendono a risolversi spontaneamente. Ad accendere i riflettori su questa condizione la cantante Elisa che recentemente ha dovuto cancellare alcune date del suo tour proprio per una recidiva.
«La vertigine parossistica posizionale – spiega Sergio Panizza, responsabile del servizio di Audiovestibologia dell’Istituto Clinico Sant’Anna di Brescia - è una erronea e intensa percezione di movimento, con relativa visione di tutto ciò che circonda che gira a seguito dei movimenti del capo». È scatenata dal distacco di alcuni frammenti, gli otoliti, che normalmente sono presenti in una zona del labirinto, l’utriculo, e che, finendo all’interno di uno dei canali destinati alla registrazione delle accelerazioni angolari, generano delle inerzie a seguito dei movimenti del capo e quindi la relativa risposta recettoriale. «La vertigine scatenata dal parossismo – precisa lo specialista - è quindi una risposta normale ad una sollecitazione anormale del labirinto».
Pochi sintomi premonitori
Non si tratta così di una malattia contagiosa, presenta un’elevata incidenza con la familiarità e può manifestarsi a tutte le età. «Si tratta di una problematica sottostimata – conferma il medico – ma che è in realtà molto più diffusa di quanto si possa pensare, è la prima causa di vertigine periferica. Come detto, però, i dati sono molto inferiori rispetto alla realtà in quanto nella maggior parte dei casi i sintomi sono lievi e la vertigine viene imputata non a problemi del labirinto, ma, ad esempio, a cervicalgia». La vertigine parossistica posizionale è conosciuta anche come vertigine notturna o del risveglio, in quanto, la posizione sdraiata favorisce la caduta dei frammenti all’interno dei canali labirintici. «Questa posizione va a favorire – aggiunge l’otorino – ma non è la causa. Semplicemente, certe posizioni del capo, riescono a far spostare gli otoliti che per altre cause si sono distaccati dalla loro sede. Quindi, al risveglio, al passaggio alla posizione seduta si manifesta questa vertigine». Per quanto riguarda le cause va detto che gli eventi stressanti sembrano influire in modo importante.
Difficilmente la malattia dà sintomi premonitori, capita così spesso che il paziente vada a dormire senza nessun problema e che durante la notte, o al mattino, inizi a manifestare i problemi legati al distacco otolitico.
«Talvolta il distacco otolitico è importante – aggiunge Panizza - e le vertigini sono brevi ma intense. Nausea, vomito, sudorazione profusa, intenso malessere con astenia e disequilibrio fanno così da corollario a momenti di violenta vertigine, con visione del mondo che gira vorticosamente a seguito dei movimenti del capo. I fenomeni neurovegetativi con una marcata componente emozionale sono spesso la parte preponderante della malattia».
La diagnosi si basa su un’attenta anamnesi, quindi sul racconto del paziente, e sulla semeiotica vestibolare. Non servono, invece, particolari attrezzature per stabilire la presenza o meno della problematica.
«Possiamo dire che un paziente che racconta la vertigine che si presenta nell’alzarsi dal letto ed al riprendere la posizione sdraiata – precisa - che preferisce dormire sul divano sollevato, che non riesce a raccogliere nulla da terra, che non può eseguire i movimenti del capo perché altrimenti “gira tutto”, che però in piedi non sta neanche tanto male, ci ha già dato tutti gli elementi per sospettare una vertigine parossistica posizionale». Al paziente vengono fatti replicare degli specifici posizionamenti per riprodurre la vertigine. Questa tecnica, infatti, consente di studiare i riflessi che il labirinto provoca: vestibolo corticale, spinale e oculomotorio. Il vestibolo-corticale è ciò che il paziente riferisce, quello vestibolo-spinale a quanto accade stando in piedi, mentre il vestibolo-oculomotorio è più sottile e per individuare i suoi effetti è necessario osservare gli occhi del paziente per monitorare il riflesso oculare. La semeiotica vestibolare, infatti si basa sulla ricerca di movimenti oculari (nistagmo) che vengono evocati dall’attivazione anomala di un canale, dovuta alla presenza di un qualcosa che si muove all’interno seguendo la gravità. Nella maggior parte dei casi, come detto, fortunatamente il decorso è spesso risolvibile seguendo alcune piccole regole. Tra queste il riposo a letto per alcuni giorni supini, semi-seduti, con limitazione ai movimenti di flesso-estensione del capo. Questa strategia aiuta il frammento a riposizionarsi nella zona dove verrà riassorbito.
Lo stress, fattore scatenante
Nelle forme che, invece, non si sistemano autonomamente in qualche giorno si utilizzano delle manovre di riposizionamento otolitico. Tra queste la manovra di Semont, scoperta negli anni ’80 dal medico e fisioterapista francese Alain Semont, ma sono diverse le tipologie di riposizionamento disponibili, che sono specifiche per ogni canale e solitamente vengono attuate in ambulatorio da personale esperto. «Va detto che ogni caso è a sé- precisa lo specialista -. Alcune vertigini particolarmente importanti nella loro sintomatologia, ad esempio, soprattutto se i pazienti presentano patologie concomitanti di rilievo, possono rendere necessaria l’ospedalizzazione. Si tratta, in particolare, di persone che presentano importanti manifestazioni neurovegetative».
In alcuni casi selezionati il medico potrebbe anche valutare di insegnare a un convivente la manovra più idonea per aiutare la persona che soffre di questo disturbo. «Il decorso verso la guarigione – aggiunge Panizza - comporta un successivo periodo di disequilibrio, spesso secondario ai movimenti del capo, più o meno lungo, ma senza più avere la visione del mondo che gira. In alcuni casi viene riferita una difficoltà alla percezione visiva della profondità. Si tratta del frammento che, tornato nella sede da dove si è staccato, riesce ad attivare i recettori questa volta delle accelerazioni lineari. I pazienti riferiscono così percezione di mal di mare».
Se lo stress è un fattore scatenante, la componente emozionale può influire anche sul decorso, visto che l’ansia può renderlo più difficoltoso.
Quando ricorrere ai farmaci
Esistono anche delle forme parossistiche che non rispondono alle manovre. In questi casi è necessario usare delle altre strategie di desensibilizzazione che consistono nell’insegnare al labirinto e alla persona a superare la vertigine, riproducendo più volte al giorno la vertigine stessa.
Non esiste una cura per questa condizione in quanto ad oggi non è possibile poter intervenire sulla causa del distacco otolitico, le uniche terapie farmacologiche disponibili sono quelle finalizzate al contrasto dei fenomeni neurovegetativi. «Levosulpiride, Dimenidrinato, Metoclopramide – precisa lo specialista - sono efficaci per il contrasto della nausea e del vomito. Si può cercare di migliorare il disequilibrio utilizzando, come sintomatici, la Cinarizina e la Betaistina».
La vertigine parossistica posizionale è per definizione una malattia recidivante a caratteristiche “capricciose” in quanto non è legata alla stagionalità, ma ha altri tipi di correlazione, tra i quali, come detto, gli eventi stressati. «Mediamente entro i tre anni il 50% dei pazienti ripresenta i sintomi – conclude il medico - Solitamente però gli eventi sono di modesta entità e solo raramente sono importanti.
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