Ansa Press Release
Giovedì 27 Febbraio 2025
"Anche questa di Marinella è una storia vera", una storia di giustizia e responsabilità
Certi titoli evocano una storia prima ancora di leggerla: hanno il potere di richiamare un immaginario condiviso, di sussurrare qualcosa di noto, pur raccontando una storia nuova. Qui, quel sussurro arriva da una canzone che appartiene ormai alla coscienza collettiva, "La canzone di Marinella" di Fabrizio De André è un canto dolce e funereo che narra una tragedia travestita da ballata. L'autore Sergio Carloni evoca questa figura nel suo romanzo autobiografico “Anche questa di Marinella è una storia vera” , pubblicato per la collana Chronos – Autobiografie di cittadini di Europa Edizioni . Se la Marinella di De André è la vittima di una fatalità poetizzata in leggenda, qui Marinella è presenza concreta, reale, e la sua storia è una di quelle che non si possono ignorare. È una storia che si unisce a un coro più ampio di vicende vissute, sofferte, sopportate. Non è la prima e, purtroppo, non sarà l’ultima. La verità qui non è più un’allusione lirica, ma una materia bruciante che impone di essere letta.
Sergio Carloni nasce in una piccola comunità, in quel microcosmo di provincia in cui le relazioni si costruiscono in equilibrio tra tradizione e necessità. Cresce in un ambiente dove il senso del dovere è un valore fondante, imparando fin da giovane a muoversi tra le aspettative sociali e la concretezza della vita quotidiana. Il suo racconto d’infanzia non è nostalgico né idealizzato: è il ritratto di un’epoca in cui si cresceva in fretta e le regole della comunità dettavano il passo dell’esistenza. L’esperienza della scuola, i primi scontri con l’idea di giustizia e ingiustizia, il rapporto con la famiglia, tutto concorre a definire un’identità che si costruisce nel confronto con la realtà.
Ma la vera svolta arriva con il lavoro. L’ingresso nel corpo della Polizia Penitenziaria lo porta in una dimensione in cui la giustizia smette di essere un concetto astratto e diventa materia viva, spesso controversa. È lì che Carloni impara a riconoscere il confine tra il giusto e l’ingiusto, tra il possibile e l’impossibile. Ed è da lì che parte il suo racconto, con la volontà di condividere la sua esperienza.
Per Sergio Carloni, quello con Marinella è più di un semplice incontro : è un evento, un’epifania. È una donna solare, di quelle che sanno riempire gli spazi senza clamore, che lasciano nell’aria un’impressione di leggerezza e di grazia. Dietro la naturalezza del suo sorriso, tuttavia, si nasconde una dissonanza sottile , che Carloni inizia a carpire, senza poterle ancora attribuire un nome. È una reticenza nel rispondere a una telefonata, uno sguardo che devia un istante di troppo, una frase interrotta sul nascere. Il codice della paura è fatto di frammenti, di omissioni, di discorsi che si spezzano come rami secchi prima di rivelare troppo.
Raramente la violenza si manifesta in modo eclatante, all’inizio. Più spesso si insinua nella quotidianità mimetizzandosi dietro gesti di premura, richieste di attenzioni, controlli mascherati da interesse. È così che Marinella si ritrova intrappolata in una relazione che di amore ha solo il nome, mentre nella sostanza è un meccanismo di dominio e annientamento. La gelosia diventa giustificazione, il bisogno di controllo si trasforma in una regola implicita, le privazioni in un prezzo da pagare per mantenere la pace. Quando la gabbia si stringe troppo, la violenza si rivela per ciò che è. Dalle minacce si passa alle aggressioni, alle urla, ai colpi inferti con la certezza dell’impunità. Carloni, che della giustizia ha fatto una missione, vede il quadro con lucidità: non è amore, è possesso . E quando il possesso è minacciato, reagisce con la brutalità di chi non accetta di perdere il controllo. A questo punto, intervenire non è più un'opzione, ma un dovere . Perché troppe volte la società assiste in silenzio, finché non è troppo tardi. Marinella ha bisogno di aiuto e Carloni sa che il primo passo per spezzare il ciclo della violenza è riconoscerlo e chiamarlo con il suo vero nome .
“Io, in generale e parlando in particolare della storia di Marinella, non credo di aver fatto niente di eccezionale. Ho solo fatto quello che mi veniva spontaneo , il resto è stato una conseguenza”, racconta l’autore, con grande semplicità “Vorrei solo sottolineare come Marinella , con la sua forza e la sua caparbietà sia riuscita a sottrarsi a un’esistenza impossibile e riprendersi la propria vita , una vita che non è di nessun altro ”. Sergio Carloni racconta la sua esperienza con l’umiltà di chi sa che la giustizia, quella vera, non è fatta soltanto di grandi gesti eroici, ma di scelte quotidiane . È una giustizia che si esercita nella concretezza dei rapporti umani, nel non girarsi dall’altra parte, nel non rimanere spettatori di un’ingiustizia con il comodo alibi del “non sono affari miei”. Perché la violenza sulle donne non è un fatto privato, ma un problema culturale , sociale e, soprattutto, politico . Il libro non è soltanto la testimonianza di una vicenda personale, ma un appello a una responsabilità collettiva: quella di riconoscere, nominare e combattere la violenza in ogni sua forma.
Il racconto di Carloni sottolinea un punto essenziale: non è solo chi subisce la violenza a dover trovare la forza di reagire, ma è la società intera che deve smettere di essere complice con il silenzio . Le leggi possono arginare, punire, offrire strumenti di protezione, ma è il senso civico di ognuno che può davvero fare la differenza. Educare al rispetto significa ribaltare una cultura che ancora oggi considera certi comportamenti come accettabili, o peggio, inevitabili. Significa insegnare che nessuno ha il diritto di esercitare potere sull’altro, che il possesso non è amore, che la gelosia non è una giustificazione, che la libertà di una persona non può mai essere messa in discussione. Marinella, in questo senso, è un simbolo di forza e di rinascita, ma non avrebbe dovuto esserlo . Non dovrebbe essere necessario un atto di eroismo per sottrarsi alla violenza. La normalità dovrebbe essere vivere senza paura, senza dover lottare per la propria libertà.
La storia di Marinella non è un’eccezione, ma un paradigma di molte altre storie, spesso ignorate o relegate alla cronaca di qualche pagina interna di giornale. Sergio Carloni ce la racconta con la semplicità di chi non cerca riconoscimenti, ma con la determinazione di chi ha compreso che la giustizia si esercita prima di tutto nel rifiutarsi di essere spettatori passivi.
Eppure, troppe volte il dibattito sulla violenza si arena tra l’ indignazione momentanea e il rifugio nella retorica. Si invocano leggi più severe, si pretendono pene più dure, si alimenta il racconto dell’emergenza, senza mai affrontare il problema alla radice: una cultura che ancora fatica a distinguere l’amore dal possesso , la gelosia dalla sopraffazione, la passione dal controllo. La violenza sulle donne non è un episodio isolato, ma il sintomo di un sistema di valori che continua a giustificare, minimizzare, trovare attenuanti.
Questo libro, allora, è la storia di un uomo che ha scelto di agire, il racconto della rinascita di Marinella, ma anche e soprattutto un monito, un richiamo alla consapevolezza che la giustizia non inizia nei tribunali, ma nelle case , nei rapporti, nelle parole che scegliamo di dire e in quelle che scegliamo di non ignorare. Perché la giustizia non è un’istituzione remota: è un’abitudine . O la si pratica ogni giorno, o semplicemente non esiste.
La responsabilità editoriale e i contenuti di cui al presente comunicato stampa sono a cura di NEW LIFE BOOK
© RIPRODUZIONE RISERVATA