CRV - "Nell’anniversario di Trieste occupata commissione incontra Unione istriani"

(Arv) Venezia 5 mag. 2020 – Nei giorni dell’anniversario dell’occupazione di Trieste da parte dell’armata titina e del ‘pasticcio balcanico’ (la definizione è del presidente Truman) la commissione Cultura del Consiglio veneto ha incontrato – in videoconferenza - l’Unione degli istriani Libera provincia degli istriani in esilio e il suo presidente Massimiliano Lacota per fare memoria delle complesse vicende del maggio-giugno 1945 sul confine orientale. “Le date e gli anniversari non sono solo numeri, ci aiutano a far memoria – ha spiegato la presidente della commissione Francesca Scatto (ZP) - Non abbiamo potuto organizzare nella data prevista del 10 febbraio la Giornata del Ricordo e quindi vogliamo cogliere l’occasione degli eventi storici che interessarono la città di Trieste nel maggio 1945 per fare memoria di una pagina tragica per la storia italiana e tenere vivo il legame del Veneto a quelle terre”. Dal 1° maggio al 12 giugno di 76 anni fa i partigiani jugoslavi, che arrivarono il giorno prima degli alleati anglo-neozelandesi, imposero il terrore a Trieste dimostrandosi non certo migliori dei nazifascisti. Il vescovo della città giuliana ha lasciato testimonianza di come i cittadini venissero prelevati, imprigionati e infoibati dalle forze di occupazione jugoslava. In città dominava la violenza contro tutto ciò che era italiano. Cinquemila persone non fecero più ritorno”.

Dall’occupazione di Trieste, città italiana che a fine aprile ’45 visse due insurrezioni distinte e si vide contesa tra esercito jugoslavo e alleati britannici, il territorio della Venezia Giulia non fu più unito L’accordo di Belgrado del 9 giugno liberò la città dagli occupanti titini, ponendo le premesse per la spartizione tra zona A e zona B, sancite poi del Trattato di Parigi del 1947, e per il doloroso esodo degli italiani dai territori dell’Istria, del Carso e del Quarnaro.

Massimiliano Lacota, triestinoha ricostruito i 40 giorni dell’occupazione di Trieste e la sua liberazione e presentato ai consiglieri il museo di carattere nazionale realizzato a Padriciano, il campo-profughi triestino che accolse oltre centomila esuli istriani dal 1947 fino agli anni Settanta. Un luogo-simbolo delle sofferte vicende del confine orientale, attualmente unico allestimento espositivo in Italia che documenta il doloroso sradicamento di migliaia di persone costrette ad abbandonare casa, beni e suolo natale, un tempo dominio della Serenissima, in quanto italiani.

Insieme al museo di Padriciano, con il quale il Consiglio regionale del Veneto ha in essere un protocollo di intesa dal 2020 per promuoverne la conoscenza nelle scuole e nelle comunità del Veneto, la commissione ha approfondito altre due storiche vicende della terra istriana: la resistenza della città di Albona (città dell’Istria orientale a metà strada tra Fiume e Pola, ‘fedelissima’ della Repubblica di Venezia) all’attacco dei pirati Uscocchi del 1599, e la tragedia mineraria della vicina Arsia. A rievocare i due episodi è stata Giulia Millevoi, presidente della Società operaia di mutuo soccorso ‘Onorato Zustovich’ di Albona e figlia di esuli albonesi.  Ad Arsia, cittadella creata dal regime fascista nel ’37 per sfruttare i locali giacimenti di carbone, 185 minatori persero la vita a causa delle esplosioni e dell’incendio sviluppatosi nelle gallerie di carbone il 28 febbraio 1940. Ci vollero quasi due settimane per recuperare i corpi. Un disastro dimenticato e rimosso, che ha anticipato - nei tempi e per gravità - la tragedia della miniera di Bois du Cazier, a Marcinelle, quando l’8 agosto del 1956 perirono 262 minatori di cui 136 italiani. Ottantun’anni fa la stampa fascista non diffuse nemmeno la notizia di quello che accadde nella regione istriana, anche se si è trattato della peggiore catastrofe mineraria della storia per numero di vittime italiane.

La responsabilità editoriale e i contenuti di cui al presente comunicato stampa sono a cura di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

© RIPRODUZIONE RISERVATA