Fianco a fianco contro il vento, un vortice di emozioni tra amore e nuove consapevolezze

La parola stampata è merce di uno scambio che arricchisce , senza mai impoverire. È un dono che si riceve, quando una storia viene letta, vissuta e amata, ma quando ci si sposta dall’altra parte e si decide di scrivere un libro, è lì che ci si mette in gioco per offrire una parte di sé, più o meno celata dietro il racconto dei personaggi. Quando invece la storia che si decide di raccontare è la propria, il regalo diventa inestimabile, perché il suo valore è quello di una vita intera . Prima di diventare una scrittrice, Cristina Zamò racconta di essere stata prima di tutto una lettrice forte: i libri l’hanno accompagnata fin dalla sua prima infanzia, le storie sono diventate per lei un luogo in cui perdersi e lasciarsi cullare, nelle quali poter ritrovare o scoprire, poi, una parte di sé. Quando alla lettura si è affiancata anche la scrittura, ecco che Zamò acquisisce un nuovo potentissimo strumento, del quale è stata consapevole fin dai primi istanti: “Ho intrapreso con molto entusiasmo le lezioni di scrittura in prima elementare. Mi sentivo la padrona dell’universo. Poter scrivere per me significava finalmente non essere più invisibile . [… ] La scrittura mi ha permesso di conoscermi a fondo, ma soprattutto mi ha dato la possibilità di rimanere sempre me stessa, nonostante tutte le prove che ho dovuto affrontare finora”. Queste sono le parole con cui l’autrice accoglie i lettori del suo primo libro, Fianco a fianco contro il vento , pubblicato per Europa Edizioni nella collana Chronos .

Narrare dunque e raccontarsi, mettersi a nudo non per esaltare la propria immagine, ma per offrire ai lettori le esperienze, le cadute, le conquiste e le illuminazioni piccole o grandi di una vita che ha saputo essere al tempo stesso crudele matrigna e dolce sorella. “Il mio è il desiderio di raccontare alle persone che hanno sofferto che si può uscire dal tunnel , si può costruire qualcosa di buono nonostante tutte le sofferenze subite” svela l’autrice ai microfoni di #Librindiretta , la trasmissione di approfondimento letterario in onda su ConoscereTV , “Voglio trasmettere tutto il mio amore per la vita, con le sue sorprese e con i suoi regali: se li accogli con un atteggiamento positivo, sarà positiva anche la risposta delle persone che ti circondano”, conclude.

 È il racconto autobiografico di un amore totalizzante in tutte le sue forme, del quale vediamo le sfumature dell’essenza, ma anche dell’assenza. Se infatti la storia di Zamò ha inizio da due genitori poco più che adolescenti, più concentrati sugli studi che sulla responsabilità di crescere una figlia, allo stesso tempo lei ci parla di un calore familiare che non le è mai mancato, grazie alle “ madri surrogate ” che la accompagnavano a ogni passo: la nonna, le zie, le donne che hanno frequentato la sua casa e che le hanno manifestato, con piccoli e grandi gesti, la loro presenza.

In questo scenario tutto al femminile vediamo amplificarsi nell’autrice le qualità del prendersi cura , del potersi spendere ciecamente per l’altro e al contempo il dramma – anche questo prerogativa spesso condivisa da tante donne – di non sentirsi mai abbastanza . Un sentimento, quest’ultimo, che si fa ingombrante dentro di lei soprattutto nel periodo dell’ adolescenza : i tanti traslochi la portano infatti lontana dal calore delle sue “madri”, mentre in ciascuna delle nuove case in cui si trasferisce la sua famiglia porta con sé il bagaglio di un gelido di un amore dimenticato. È il periodo che Zamò ricorda come uno dei più bui, quello che rischiava di inghiottirla, privandola della luce della giovinezza.

È la forza della vita , la continua tensione verso una serenità che sa di meritare che porta l’autrice lontana dalla casa paterna, prima nelle sue numerose esperienze all’estero, poi ancora a Sambo – come scherzosamente chiama San Bonifacio, il paese natio – lì dove potersi ricongiungere al calore tanto anelato degli affetti, fonte di una nuova forza propulsiva : “La rotta finalmente iniziava a cambiare. Questa volta sul serio, non ero disposta ad accettare più nulla. Nessun compromesso m’avrebbe smossa dalla mia decisione. Intanto la vita continuava ed io andavo avanti . Per forza e soprattutto a ogni costo” scrive l’autrice con parole d’acciaio, decisa a stagliarsi dal fondo per raggiungere il proscenio della sua vita.

Nell’apertura verso l’altro l’autrice conosce l’amore romantico , e con esso si fa strada il desiderio per lei ancestrale della maternità . In questo contesto l’autrice ha già ben chiaro, sin dall’inizio, che non vorrà ripetere gli stessi errori dei suoi genitori, ma gli ostacoli non mancheranno anche in questo caso: gli uomini della sua vita hanno vedute più simili a quelle dei suoi genitori, secondo i quali – implicitamente o esplicitamente – un figlio viene visto come un impedimento e poco altro. Serve amare per due, allora, a qualsiasi costo, ed è avvolgendoli in questa affettuosa coperta calda e rassicurante che l’autrice dà alla luce i suoi tre figli, “ i suoi traguardi più grandi ”, come lei stessa li definisce. Zamò spezza qualla cosiddetta “catena transgenerazionale” della trasmissione del comportamento maltrattante, non replica il comportamento vissuto all’interno del suo nucleo familiare, muovendosi invece in direzione contraria. “Per me essere figlia ha significato essere invisibile, ignorata, maltrattata. Io ho voluto essere sempre presente, al loro servizio, perché potessero vivere ogni esperienza in maniera serena e spensierata”, conferma l’autrice con un sorriso, durante la sua intervista.

Lo stesso amore romantico è stato dunque per l’autrice una montagna russa di emozioni, non sempre positive. Il grande vuoto dell’ assenza torna a farsi strada nella sua vita sotto una veste diversa, un fantasma che lei cerca di mettere in fuga combattendolo, invece, attraverso la presenza. Con quella nota di ironia che non la abbandona mai l’autrice conta i chilometri che ha dovuto percorrere per raggiungere tutti i suoi amori, senza che nessuno, invece, si muovesse nella sua direzione. “Ormai ho fatto l’impossibile, ora è giunto il momento per me di fare un piccolo passo indietro e pensare un po’ a me stessa” scrive l’autrice, quando raggiunge questa consapevolezza “Forse è il mio modo di amare che è sbagliato, do sempre tutto quello che ho senza mai chiedere niente in cambio. Posso solo dire che questo è l’unico modo di amare che conosco. Amo la vita , la natura e le persone allo stesso modo, totalmente e sconfinatamente. Penso che quando un sentimento è puro debba esprimersi con tutto il suo impeto , così da creare un’ondata di bene che si allarga sempre di più e travolge tutto. Una sorta di tsunami affettivo ”. È in queste parole che si racchiude pienamente il sentimento di cui Cristina Zamò si fa portatrice nel suo libro, una forza inarrestabile che dall’interno la spinge a donare parte di sé senza mai sentirsi privata di qualcosa, perché l’amore è ciò che si moltiplica quando si dona , rendendo il cuore sempre un po’ più grande, più pieno.

Fianco a fianco contro il vento è un libro resiliente , di grande forza espressiva, nel quale si scorge un’anima che non è stata corrotta dalla sofferenza, al contrario: come nella tecnica giapponese del kintsugi , l’autrice ripara con l’oro le sue ferite e ne mostra la preziosità, la bellezza che nonostante tutto sa ancora donare.

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