“La collana dei due ciondoli”, la storia di un amore riservato dalla sorte

“La collana dei due ciondoli” è più che un semplice romanzo d’amore: è una finestra sulle vite di personaggi immaginari, frutto della spiccata fantasia dell’autrice, che risultano particolarmente plausibili nelle loro azioni, nei dialoghi e nei pensieri che formulano, un romanzo di formazione che si sofferma a raccontare la vita di due di loro nei suoi fondamentali snodi, nelle scelte, nelle cause e negli effetti. L’occhio attento ai particolari di Annett Schein si traduce nella sua scrittura dettagliata sia per quanto riguarda la psicologia dei personaggi, probabilmente basati in parte su persone realmente esistenti e vicine all’autrice, che nella descrizione degli ambienti, le atmosfere e i paesaggi incantevoli attorno a cui ruota la trama, ricca di momenti di calma e contemplazione e intensa emotività , gioia mischiata a dolore. Comincia nel 1997 col trasferimento di uno dei protagonisti dell’opera, Alain Marshall: seguendo il padre vedovo in India, durante il tragitto in auto verso la loro nuova casa assistono a un incidente e accorrono in soccorso le vittime. La famiglia coinvolta si rivela essere poi quella del Maharaja (titolo utilizzato per indicare i sovrani indiani), che invita Alain e suo padre a vivere nel suo lussuoso palazzo. Questa prima parte del romanzo assume fin dalle pagine iniziali toni fiabeschi che conducono in un’isola di serenità e benessere , i colori caldi e i riflessi dorati delle immagini vividamente descritte dall’autrice balzano all’occhio del lettore, elegantemente evocati dallo stile ponderato e meticoloso dell’autrice, alla cui penna non sfugge nessuna delle sfaccettature del suo racconto e ogni implicazione trova sempre la sua conseguenza . Il particolare cromatismo delle descrizioni sembra rispondere anche all’anima dei protagonisti e della narrazione, sbiadendo nei momenti più tristi per poi accendersi di nuovo al cambiare dello stato d’animo di chi osserva il mondo in quel momento.

La vita del protagonista subisce un cambiamento radicale e questo è dovuto più dalla convivenza con la figlia del Maharaja che dal suo nuovo tenore di vita: con lei nasce un affiatamento che li lega come inseparabili amici ma che col tempo cambia rotta, trasformando l’amichevole complicità in qualcosa di più profondo . Così, come nelle più classiche storie d’amore, anche questa ha come protagonista una principessa , seppur collocata in una diversa epoca e raccontata in tutt’altra veste: non una dama in pericolo, monocromatica e caratterizzata soltanto dal suo aspetto fisico e dalla sua pazienza nell’attesa del principe azzurro, ma una donna determinata , sincera e curiosa; perfettamente inquadrata dalla sua autrice che riesce nella difficile impresa di dare spessore e realismo a un personaggio tanto impegnativo da trattare, per via del suo titolo nobiliare, del fatto che sia una figura a cui molti autori prestigiosi hanno già attinto per le proprie opere, e per il periodo in cui si svolge la trama che prevede l’ulteriore sforzo d’immaginazione da parte dell’autrice di immaginare come si comporterebbe davvero una persona del genere nella realtà odierna. Non che certe figure non esistano più, ovviamente ci sono ancora principesse, re e regine tutt’oggi ma, considerando la scarsa possibilità di poterne incontrare e avere con essi un’intima conversazione, trasporre questi soggetti su carta con parole in grado di esorcizzarli dallo stereotipo che molto spesso si trascinano dietro come un fardello è un’impeccabile dimostrazione di competenza e creatività da parte di Annett Schein. Il lento respiro della narrazione sa prendersi i suoi tempi mentre indugia nel piacevole racconto dell’armonia tra due anime affini, non si affretta neanche quando l’urgenza del lettore si intensifica ed è capace di mantenerla sempre alta in un graduale crescendo di curiosità che non arriva mai a diventare insopportabile, perché la serenità con cui procede la trama spinge godersi ogni momento trascorso a leggere, immersi nel fervido mondo descritto in questo romanzo.

Sempre come nelle classiche storie rosa, l’amore di cui parla “La collana dei due ciondoli” non è privo di ostacoli ed è intriso di lunghe attese, parole non dette e ricordi sbiaditi sotto la polvere del tempo che si accumula dal giorno del loro tragico e forzato addio , che dopo diciassette anni si rivelerà essere stato soltanto un arrivederci; è in questi passaggi che l’autrice dimostra di saper spiegare anche i meccanismi del dolore , oltre che quelli dell’affiatamento e dell’intimità e di poter indagare anche in quelle che sono le peggiori conseguenze dei più innocenti sentimenti, perché la felicità diventa amarezza quando essa ci viene sottratta ed ecco che la memoria dei bei momenti si trasforma in rimpianto: “Il ragazzo non reagisce. ‘Il nome è francese e forse non parla inglese’, pensa. ‘Vediamo se cinque anni di francese sono serviti.’ «Salut. Je suis Stefan.». Dopo giorni di apatia, finalmente una reazione. Alain gira leggermente la testa nella sua direzione senza guardarlo. ‘Avevo ragione, parla francese’ e continua raccontando storie che gli passano per la mente, inconsapevole di aver interpretato male la sua reazione. Il fatto di sentire una lingua che non capisce gli fa ricordare i viaggi affrontati con suo padre. Alain non riesce a spiegarlo, ma sentire quel ragazzo parlare francese lo fa ritornare a sognare ed è balsamico per la sua anima torturata. Si raddrizza un po’ sulla sedia, chiude gli occhi e ascolta quel suono. Nella sua mente riaffiorano i ricordi. Quando Stefan fa una pausa, lo guarda timidamente come dire: «…dai, vai avanti...» e Stefan, nella piena convinzione di essere compreso, continua. «Allora a domani. Stesso posto e stessa ora» conclude in francese alzandosi. Porge la mano per salutare e Alain risponde con un semplice cenno. In quel momento scivola la manica del camicione e nota i segni rossi al polsi”.

“La collana dei due ciondoli” è un’opera che attinge ai più famosi paradigmi della narrazione d’amore liberandoli dagli stereotipi, per offrire una storia intensa e vivida, frutto di una lettura vorace di romanzi da parte dell’autrice che ha fatto tesoro di tutto ciò che avevano da raccontare e, sicuramente, anche di una buona dose di esperienza reale poi rielaborata nella sua raffinata scrittura, dimostrando quanto importanti siano per lei gli argomenti di cui tratta la sua opera: l’affetto, la famiglia, la realizzazione e il superamento delle difficoltà, la maturazione e la distanza. Questo lo conferma anche nei ringraziamenti a conclusione del romanzo, rivolti alla sua famiglia , in particolare all’amato marito Giorgio che ha creduto in lei, al figlio Sebastian per la pazienza e la comprensione e a tanti altri ancora, tra cui “la casa editrice Albatros il Filo per avere creduto in me e nel mio romanzo e per avermi assistito nella pubblicazione con un gruppo di persone eccezionali.

E infine voi cari lettori che non ne avete mai abbastanza di viaggiare con la mente, che avete voglia di ridere e di soffrire insieme ai personaggi e che non ne avete mai abbastanza di vivere nuove avventure”.

 

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