Ansa Press Release
Giovedì 29 Febbraio 2024
“Una notte di tempesta”, racconti di vite inquiete, immaginarie ma al contempo reali e vivide
“Una notte di tempesta” è una raccolta di sedici racconti di Anna Maria D’Agata , pubblicata dal Gruppo Albatros Il Filo , accomunati non dall’ambientazione o i personaggi né dalle situazioni che descrivono, ma dalla sensazione di turbamento che lasciano trapelare, l’inquietudine di ombre irrisolte nascoste dietro volti apparentemente ordinari: ogni storia descritta cela universi di emozioni mai rivelate che muovono le azioni dei personaggi come burattini in balìa dei fili invisibili che li legano. La scrittura raffinata dell’autrice e la sua voce eterea che accompagna il lettore attraverso i momenti anacronistici descritti nell’opera riesce contemporaneamente a dire tutto il necessario e lasciare sospese una moltitudine di altre riflessioni che rimangono sepolte nel loro mistero, sotto la pelle dei protagonisti che non si spogliano mai del tutto delle loro maschere.
Sono racconti quasi onirici nella forma senza però mai sfociare nel casuale: ogni elemento che li compone ha un motivo, un significato le cui sfumature non si manifestano esplicitamente e che deve essere interpretato ed elaborato da chi legge, mentre percorre i sentieri descritti dalle parole dell’autrice che con eleganza narrativa evoca storie in bilico tra il sogno e l’incubo: una realtà che non assume mai una forma spaventosa né confortante, né manifesta piena concretezza ma neanche, al contrario, palese implausibilità. Racconti magnetici, capaci di ammaliare e sconvolgere, di rimanere impressi come un dubbio irrisolto: stimolano a una lettura vorace e mai sazia degli spunti di riflessione che offrono, ma mantengono sempre un respiro disteso e rilassato, una narrazione che non si affretta verso la conclusione ma si prende il tempo necessario per soffermarsi sui dettagli; contengono e veicolano innumerevoli esperienze , pensieri e immagini che Anna Maria D’Agata ha accumulato nel corso della sua movimentata vita: nasce a Catania, si laurea in sociologia presso “La Sapienza” di Roma e sogna di viaggiare in Paesi lontani e di scrivere: comincia con un diario all’età di dodici anni per non smettere più. Conosce l’Europa ma vuole spingersi oltre: vuole sentirsi spaesata, sorpresa e meravigliata da culture esotiche; prima il Perù, la Colombia, l’Ecuador, poi il Messico, la cultura Maya, le piramidi d’Egitto e i paesaggi desertici di infinita bellezza, gli oceani tumultuosi. Conosce dolcezza e violenza mentre la scrittura la accompagna, lasciandola in parte insoddisfatta e stanca di parlare di sé. Celebra il suo matrimonio a Bruxelles, dove decide di rimanere, continuando a scrivere. Non viaggia più per il mondo, ma dentro di sé , nel viaggio più vertiginoso mai affrontato: le sue i nquietudini, i desideri e i sogni rischiano di farla smarrire. Oggi vive a Catania, dove è tornata da qualche mese dopo il suo lungo esilio volontario, ed affida ai suoi racconti tutta l’esperienza, i colori, le ombre e le emozioni suscitate da quei viaggi. Racconti serafici ma velati dall’irrequietezza, capaci di lasciare col fiato sospeso, raccolti in “Una notte di tempesta” come un mazzo di rose di diversi, intensi colori, insieme alle loro spine che inevitabilmente penetrano sotto la pelle dei lettori e lasciano il segno. Sorrisi malinconici e occhi tristi popolano le pagine dell’opera e tingono il mondo della loro malinconia prima di sparire nella trama intessuta dalle parole dell’autrice, lasciando un senso di vuoto al loro passaggio. “Dapprima non vidi il suo volto perché potevo scorgerne soltanto il profilo, portava una cuffietta di lana blu elettrico da dove fuoriuscivano delle ciocche scomposte di capelli sottili, di un castano sbiadito. La pelle del viso bianca, diafana e sottile le dava un’aria spenta e malaticcia, un piccolo naso arrossato dal freddo aveva la punta leggermente adunca; quando infine si girò verso di me, potei vedere i suoi occhi chiari e così grandi che pareva mangiassero tutto il resto del viso. Quando il ragazzetto si avvicinò per recuperare la sua palla, lei fece un sorriso inquieto con le sue piccole labbra dagli angoli voltati in giù, poi i suoi occhi rimasti seri si persero lontano, straniti e senza espressione, come se fosse in preda a pensieri remoti e cupi”, descrive Anna Maria D’Agata parlando di una donna di cui non si scopre il nome, nel racconto “Bambola”.
La staticità delle situazioni descritte è soltanto apparente e cela il loro arco evolutivo nelle riflessioni dei personaggi, non nelle azioni che compiono: interi racconti possono svolgersi mentre la protagonista rimane seduta su un treno a osservare i passeggeri e riflettere sulla monotonia della propria vita e delle vite altrui, riuscendo comunque a stimolare la curiosità del lettore con grande efficacia. Anna Maria D’Agata dimostra consapevolezza e capacità d’astrazione cimentandosi nella stesura di racconti brevi ma non sbrigativi, ma che anzi contengono gli innumerevoli meccanismi del pensiero che si snoda attraverso tortuose vie, lasciando a volte l’amaro in bocca, altre volte cullando il lettore col placido livore dei suoi toni, ma sempre riuscendo a stupire .
“«Sei zuppa, cosa è successo?» poi senza aspettare una risposta: «Vai a cambiarti, sgoccioli acqua dappertutto, e i capelli, non ti ho mai vista così, sembri una medusa.» Sorrise di un sorriso spento, malinconico. Nora non rispose, la presenza del marito pareva sorprenderla, quasi che quell’uomo le fosse ora estraneo e incomodo”, racconta l’autrice in “Un folle amore”. “ Il bambino dormiva, i capelli rossi come quelli della madre incollati dal sudore sulla fronte, lei li scostò accarezzandoli e poi si sdraiò accanto a lui circondandolo con un braccio. Piangeva in silenzio, pareva che le lacrime le scendessero calde sul viso a sua insaputa, poi scivolò nel sonno, il corpo stanco e appagato, sazio dell’amore ricevuto, il cuore colmo di ansie e di timore per il territorio sconosciuto in cui si avventurava”, le parole dell’autrice si immergono nel tumulto emotivo dei suoi personaggi evocandone le ferite: una narrazione che si adatta a essere viscerale e intensa , oppure distante, sia con freddezza che delicatezza, a seconda dei personaggi che interpreta e descrive. Con “Una notte di tempesta” Anna Maria D’Agata sembra voler comunicare e trasmettere parole, immagini ed emozioni direttamente all’anima dei suoi lettori, stimolando una struggente e inevitabile empatia con il suo stile di scrittura elegante, che riesce a parlare d’ amore, dolore, incertezze, angosce e speranze senza mai perdere equilibrio, mantenendo quell’aura di indecifrabilità delle storie che racconta, che non hanno indicazioni precise di tempo o spazio e rimangono perfettamente in bilico tra il plausibile e l’astratto. “Una notte di tempesta” descrive il viaggio più importante mai affrontato dall’autrice, quello dentro di sé, il suo percorso di consapevolezza tramite cui è infine riuscita a elaborare e dividere le preziose tappe di quel cammino all’interno dei suoi racconti delicati e pungenti, coronando il suo desiderio di scrivere rimasto a lungo irrisolto.
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