Società e Costume
Martedì 19 Marzo 2013
Un figlio parla al padre
per la festa del papà
Una lettera calda e emozionante di un uomo che vive lontano a chi gli ha dato la vita e non c'è più. Un ricordo di tutti i figli per tutti i padri
"Sono passati quasi sei anni da quando egli è scomparso e non passa giorno che non mi manchi terribilmente, soprattutto il giorno della Festa del Papà. Vorrei che avessi detto a mio papà quanto era importante per me mentre era qui ad ascoltare, ma probabilmente non l'avrei mai fatto perché l'avrei messo in imbarazzo. Era un uomo di educazione formale limitata, aveva fatto solo le commerciali, ma era l'uomo più saggio che io abbia mai conosciuto. Era anche un gran lavoratore. Ha combattuto nella seconda guerra mondiale come soldato dell'esercito per cinque anni, nel Nord Africa prima e nell'Europa dell'est più tardi.
Dopo la guerra, il 30 dicembre 1946, ha sposato l'amore della sua vita "Giannina" (mia madre) e ha lavorato come barista a Como, che è a 30 Km da Bellagio, andando avanti e indietro in bicicletta su una strada che a quei tempi era parzialmente asfaltata.
Nel 1952 ha iniziato la propria attività aprendo la ben nota "Salumeria Cerri" a Bellagio ed ha svolto questa attività con mia zia per ben 37 anni. In tutti questi anni ha perso solo tre settimane di lavoro, a causa di complicazioni dopo l'intervento a una gamba in un periodo quando la degenza in ospedale era molto più lunga di quanto lo sia oggi.
La sua Infanzia e adolescenza non sono state particolarmente felici, anche se ne ha parlato raramente. Ha iniziato a lavorare quando aveva solo 14 anni in una pasticceria per contribuire al reddito familiare. Suo padre morì quando lui aveva 17 anni a causa di complicazioni da polmonite. Sua madre mori mentre lui si trovava in Nord Africa durante la seconda guerra mondiale e non riusci neppure a tornare in tempo per il funerale.
Nel corso degli anni, ho sentito storie orrificanti su come alcuni genitori trattavano i loro figli. Non in casa nostra. Lui amava la sua famiglia più di ogni altra cosa. Ciò era dovuto al fatto che lui adorava mia mamma Giannina e lei lo amava in modo uguale. Ma non bisogna immaginare per un momento che egli fosse un sentimentalista. Credeva nella disciplina. Non ha mai sollevato una mano o la sua voce a mio fratello o a me, ma non doveva. Nessuno di noi osava sfidarlo. Gli psicologi di oggi lo boccerebbero perchè segretamente i suoi figli lo temevano. Non era un nostro compagno. Era nostro padre e le regole erano le sue. Abbiamo evitato un sacco di potenziali problemi, perchè avevamo paura delle conseguenze e lo amavamo troppo per deluderlo. Questa è una rara combinazione.
Era un uomo raro. Quando ero ragazzo, mio papà ed io andavamo a nuotare "alla Punta" durante le calde serate estive o, nel periodo invernale, andavamo a fare una gita tra le montagne che mi ha insegnato a scalare con grande attenzione.
Le montagne erano la sua passione. Veniva anche a guardarmi giocare al pallone con la squadra locale “la Bellagina", senza farmi sapere che sarebbe stato lì, forse per nascondere le sue emozioni. Col passare degli anni, mio papà ed io siamo cresciuti sempre più vicini.
Amava i suoi nipoti David, Katie e Steven. E, anche se ha solo avuto modo di vederli raramente a causa della grande distanza fisica che li separava da lui, era molto geloso delle loro fotografie e le custodiva con estrema cura. Più avanti negli anni, durante le mie brevi visite a Bellagio, mio papà ed io sedevamo in saletta a guardare una partita di calcio alla televisione (lui era tifoso dell'Inter ed io del Milan, ma non abbiamo mai litigato a riguardo), oppure andavamo a fare una passeggiata sul lungo lago senza bisogno di impegnarci in un sacco di conversazione. Eravamo semplicemente felici di stare in compagnia. Nel nostro caso, il silenzio era oro.
Non c'era molta zona grigia nel suo mondo. Era giusto o sbagliato. Punto e basta. Ciò includeva la sua abitudine esasperante di obbedire il limite di velocità. Se 50 Km/h era il limite indicato, allora era 50 Km/h. Non 55. Non 51. Mi abbassavo giù sul sedile per evitare le occhiatacce degli altri guidatori quando erano finalmente in grado di superarci sulla strada che portava a Lecco o a Como. Spesso era immemore, crogiolandosi nel fatto che era stato uno dei primi cittadini di Bellagio a conseguire la patente di guida e che non aveva mai preso una multa. Quando morì all'età di 87 anni, la sua schedina era pulita. Nessuna multa per parcheggio vietato. Nessuna multa per eccesso di velocità.
Non era un uomo ricco. Lui e mia mamma avevano un appartamento modesto al piano superiore di un edificio a Bellagio, un conto di risparmio e niente altro. Ma questo uomo semplice con una semplice visione del mondo mi ha lasciato in eredità preziosi insegnamenti che cerco ancora di applicare oggigiorno. Ho imparato a lavorare sodo e a essere un uomo di parola.
Ho imparato che razionalizzare qualcosa significava che era probabilmente una cattiva idea che stavo cercando di farla diventare buona. Ho imparato a non tralasciare mai di votare, anche se potrebbe sembrare illogico. Ho imparato l'importanza della lealtà in tutte le cose – la lealtà verso il mio paese, la lealtà verso l'organizzazione che mi paga, la lealtà verso i miei amici.
Da lui ho anche imparato molto sull'amore; anche se non l'ho mai sentito dire "ti voglio bene". Lui non lo diceva. Lo faceva. Mi ricordo lo sguardo sul suo volto quando mio fratello o io avevamo fatto qualcosa per renderlo fiero. Ho visto la devastazione sul suo volto quando mia mamma era in ospedale. Sapeva come amare. Ho cercato di emulare il suo esempio nel mio ruolo di padre, ma lui era un atto difficile da seguire.
Nonostante come e quanto io possa provarci, non potrò mai essere l'uomo che mio papà è stato. E sono orgoglioso di questo fatto. Dio benedica la sua memoria e buona Festa del Papà."
Maurizio Cerri
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